VERITA' VIOLATA

in adista documenti n. 58 2008
MADRID-ADISTA. Con la condanna del libro di José Antonio Pagola Jesús. Aproximación historica (v. Adista n. 51/08), la Conferenza episcopale ha davvero passato il segno. È questa la diffusa impressione dei teologi spagnoli di fronte alla “Nota di chiarificazione” della Commissione episcopale per la Dottrina della Fede pubblicata in data 18 giugno “con l’autorizzazione – si legge – della Commissione permanente della Conferenza dei vescovi spagnoli”. Nota pubblicata, oltretutto, malgrado l’autore abbia accettato di intraprendere una revisione del suo libro, in quanto, affermano i vescovi nella Nota, essi hanno il dovere “di aiutare migliaia di lettori della prima versione a farsene un giudizio in base alla dottrina cattolica”. E a questi numerosi lettori – oltre 50mila le copie vendute – essi indicano mancanze di tipo metodologico e dottrinale, per concludere che “l’Autore sembra suggerire indirettamente che alcune proposte fondamentali della dottrina cattolica mancano di fondamento storico”, operando “una rottura tra l’indagine storica su Gesù e la fede in Lui, tra il cosiddetto ‘Gesù storico’ e il ‘Cristo della fede’”: un modo di procedere “dannoso”, “poiché finisce per delegittimare l’insegnamento della Chiesa”. Al contrario, sottolineano i vescovi, “se il ‘Gesù storico’ che mostra l’Autore è incompatibile con il Gesù della Chiesa, non è perché questa abbia inventato nel corso del tempo un Gesù differente, ma perché la ‘storia’ che si propone è una storia falsata”. E tra queste falsificazioni ci sarebbero, secondo la Nota, l’adozione dell’analisi “propria della lotta di per descrivere l’ambiente familiare, sociale, economico, politico e religioso”; la presentazione riduttiva di Gesù come mero profeta; la negazione della sua coscienza filiale divina, del senso redentore della sua morte e della sua intenzione di fondare la Chiesa come comunità gerarchica; l’oscuramento della realtà del peccato e del senso del perdono e la confusione sul carattere storico, reale e trascendente della resurrezione di Gesù.

Alla Nota dei vescovi risponde, tra gli altri, il teologo Rafael Aguirre, già decano e professore della Facoltà di Teologia dell’Università di Deusto (Bilbao), sottolineando come la metodologia di Pagola venga “condivisa da tutta l’attuale ricerca esegetica”, secondo la quale i vangeli si basano su dati storici ma non sono cronache storiche ed è dunque perfettamente legittimo analizzare il valore storico di ogni scena evangelica così come “distinguere la ricerca storica su Gesù dalla riflessione teologica e credente”. E se uno dei grandi contributi di tale ricerca è proprio quello di situare Gesù nelle circostanze sociali e storiche della Palestina e dell’Impero romano, ciò non può certo essere ricondotto alla categoria della lotta di “Gesù – scrive Aguirre – dice ‘beati i poveri e guai ai ricchi’ e Maria rende lode a Dio che ‘ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote’. Troppo forte? Gesù, Maria, Luca che trasmette queste parole, sono guidati dalla lotta di

Ed è all’incapacità della Nota di distinguere tra studio storico e riflessione di fede che va ricondotta la denuncia dei presunti errori dottrinali del libro, in quanto la divinità di Gesù, il senso salvifico della sua morte, la sua risurrezione “sono affermazioni strettamente di fede, inaccessibili come tali al metodo storico”. Secondo il teologo, insomma, la Nota, nel suo atteggiamento fondamentalista, “apre un contenzioso non con Pagola ma con i presupposti fondamentali degli studi biblici moderni”, uno dei segni distintivi del Vaticano II. (claudia fanti)

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