PRONTO, C'E' DIO? NO, MI SPIACE, DIO NON C'E'.

L’insostenibile esistenza di Dio

Stefano Marullo*
Fotina Marullo 2

La più woodyalleniana tra le massime di Woody Allen ovvero “Se Dio esiste spero abbia una scusa valida” è molto più sottile di quanto non si pensi. Non foss’altro perché ha il merito di “invertire” i termini del problema. Difatti uno dei pilastri della teologia neotestamentaria, segnatamente paolina, riguarda la dottrina della cosiddetta giustificazione, laddove a “giustificarsi” non è Dio bensì l’uomo. O meglio ancora, l’uomo è giustificato da Dio. Il termine greco è dikaiosýne che etimologicamente rimanda a Diké, giustizia, nome anche di una famosa divinità pagana. Anche qui ci si deve appellare al credo quia absurdum, laddove il giudice si cala e addirittura prende il posto dell’imputato per placare l’esigenza di giustizia. Non molto diverso, a conti fatti, dell’idraulico che viene a riparare un rubinetto rotto e prende il proprio portafoglio per saldarsi anziché quello del cliente! Un Dio davvero bislacco quello che solo una mente contorta come quella di Paolo di Tarso poteva concepire, finanche più capriccioso e umorale del Jahvè biblico. La teologia dell’incarnazione che tanta fortuna ha avuto fino al Medioevo ha nei tempi moderni segnato il passo verso nuovi indirizzi che concepiscono la “salvezza” sganciata dalla redenzione e vedono in Cristo il termine ultimo a cui tende tutta la creazione, con o senza peccato. Un bel passo in avanti rispetto alla logica “sacrificale” di stampo paolina e agostiniana. Ma non spiega sufficientemente il mysterium iniquitatis, le doglie del parto di questa creazione imperfetta, il male in tutte le sue forme  ed espressioni, che sarà pure una “deficienza di bene” ma è realmente efficiente nel dispiegare le  sue terribili manifestazioni. Persino il “vicario di Cristo” in terra, in una sua visita ad Auschwitz per un attimo ha lanciato il suo j’accuse verso il cielo di fronte a tanto orrore prorompendo in un drammatico “Dov’eri?”, che ricorda il più tragico “Eli, Eli, lema sabactani” di evangelica memoria.
Abbiamo ripetuto spesso che ci sono molti ateismi. Penso che l’argomento etico rimanga quello che più depone per l’inesistenza di Dio altrimenti distratto, sadico, impotente seguendo le mai tramontate riflessioni epicuree riprese dal filosofo Hans Jonas nel suo celebre libro “Il concetto di Dio dopo Auschwitz”. Ma il razionalismo ateo non è masochistico e non si compiace della constatazione del cielo vuoto. Fa però di necessità virtù: con Sartre diciamo “non c’è anzi dottrina più ottimista, perché il destino dell’uomo è nell’uomo stesso” mentre Camus ci ricorda che “morto Dio restano gli uomini, cioè la storia che bisogna comprendere e costruire”, la fatica insomma di fondare i valori senza il valore fondante. A dispetto delle molte menzogne che vengono rivolte all’umanismo laico e ateo, non vogliamo sostituirci a Dio. Conosciamo i nostri limiti e la problematicità della condizione umana. Non guarderemo alla Ragione come Dea ma a tenue lumino che ci guida nel buio labirinto dell’esistenza. Se la speranza in Dio era la caparra per chi ha rinunciato a realizzare la giustizia in questo mondo, il “consegnarsi a Lui”, l’ultimo atto, come vuole Karl Jaspers, di chi accetta il naufragio e lo scacco dell’esistenza, siamo ora consapevoli che la nostra sorte ce la costruiremo da soli. Capaci anche di invertire l’onere della prova. Lungi da dare al lettore l’idea che ci si vuole avviluppare in una arcadica retorica sui massimi sistemi, andiamo allora al sodo della questione: non siamo contro la religione ma possiamo dimostrare che è la religione ad essere contro l’uomo e a crocifiggerlo sull’altare di imperativi che rendono la sua vita sempre più miserabile e per candidarlo all’infelicità. Gli esempi si sprecano: l’embrione affetto da gravissime patologie che non si può sopprimere, il matrimonio divenuto per uno dei coniugi insopportabile che non si può sciogliere, il condom che in tempi di AIDS non si può usare, il controllo delle nascite definito immorale in tempi di boom demografico, il malato terminale costretto a soffrire pene indicibili in nome di un’astratta sacralità della vita, il proprio orientamento sessuale che non si può vivere liberamente e così via. Per quanto ancora la religione si occuperà dei princìpi dimenticando le persone? A noi, l’arduo compito di inventare princìpi a misura delle persone, per il massimo comune denominatore di autentico benessere per tutti, anche di chi in uno stato di perenne infanzia dello spirito ha bisogno di vivere sotto la tutela di una divinità. La dipartita di Dio dal nostro orizzonte non ci rende affatto degli orchi, ci dà solo qualche responsabilità in più. Non ci esime dal commuoverci per il cielo stellato, di trepidare alle note di La fille aux cheveux de lin o, che so io, di I don’t want to miss a thing degli Aerosmith, di sperare che domattina il mondo sia un po’ più bello, civile, degno delle nostre aspirazioni.
Quanto a Dio, noi ci bastano più i funambolismi sofistici della teologia dialettica – che coglie Dio per “differenza” o “totalmente Altro” – ma neanche le suggestioni del pensiero “debole” vattimiano e ci spingiamo a dire che l’elaborazione della sua Assenza non è frutto di tortuose elucubrazioni ma è un’esperienza quotidiana che si afferra nella sua cruda ed acre verità. Torna l’argomento etico. Ricordo quella volta in vacanza durante la quale facendo la coda in un ufficio postale ho visto entrare una donna che accompagnava un bambino con evidenti segni di squilibrio mentale che sbavava e stentava a stare in piedi sempre più incontenibile. Le abbiamo dato precedenza e uscendo di lì non riuscivo a togliermi dalla mente il volto scavato di quella mamma e gli occhi assenti di quel bambino. Per istinto mi sono rivolto al cielo, in un giorno più  pallido del solito: “Perché?”. Mi è sembrato per un attimo di avere colto nel sole lo sguardo di qualche Entità. Ma si nascondeva tra le nubi. Se era Dio, forse era arrossito per la vergogna.

* Laureato in Storia, ha compiuti studi di filosofia e teologia. E’ membro dell’Attivo del Circolo UAAR di Padova. 

17 Risposte a “PRONTO, C'E' DIO? NO, MI SPIACE, DIO NON C'E'.”

  1. Molto interessante. Una bella dialettica ma anche contenuti ragionevoli, o perlomeno su cui riflettere. Noto spesso com anche in antispeculazioni di questo tipo raramente ci si soffermi sul ''Controllo" che le religioni esercitano potentemente sulle menti. E del conseguente tornaconto che da tale controllo si puo' ricavare. Mi chiedo sempre: e' lecito o giusto privare le persone fragili del "totem" cui sentono il bisogno di aggrapparsi? Una piccola risposta a questa domanda viene in parte proprio da Marullo:

    A noi, l’arduo compito di inventare princìpi a misura delle persone, per il massimo comune denominatore di autentico benessere per tutti, anche di chi in uno stato di perenne infanzia dello spirito ha bisogno di vivere sotto la tutela di una divinità.

    Grazie caro Lector, quando non hai i denti affilati produci contributi sempre sottili e su cui riflettere.
    Marco (red)

  2. Grazie Red, troppo buono.
    Mi limito solo a proporre cose che reputo interessanti, spigolate qua e là, per contribuirne alla divulgazione, in ricordo dei bei tempi andati, quando la maggior parte dei blog e dei blogger era "thinking oriented" e un bell'articolo produceva sempre  accalorate discussioni.
    Questo contributo di Stefano Marullo,, in particolare, mi pareva degno di nota.
    Un abbraccio.

  3. OT, del quale mi scuso:

    Salve lector, mi complimento con Lei per la bella lezione che ha inflitto l'altroieri ai compagni di merende tenutari del blog "Topgonzo".
                                                                                                                      
                                                                                                                      Saluti
                                                                                                                   Thorgen
                                                                                                                            

  4. Grazie Thorgen, anche se non era mia intenzione infliggere lezioni a nessuno. Se così appare, è stato del tutto involontario.
    Io frequento l'ambiente dei blog per puro diletto e, ogni tanto, mi diverto a stuzzicare qualcuno o qualcuna per vedere come le persone reagiscono quando non rispetti i canoni del "politically correct".
    Poiché, però, il principio cardine di tutta la mia esistenza sociale è "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te", non me la prendo se il qualcuno o la qualcuna con cui mi sono divertito mi ripaga con la stessa moneta.
    La saluto cordialmente.  

  5. sto meditando sulla possibilità di scrivere un post che inquadri i credenti (di ogni culto indistintamente) come affetti da una patologia grave: la fede per l'appunto. Ho tanti di quegli spunti a riguardo che non saprei da dove cominciare. Ma forse invece lo so: lo sdoganamento della spiritualità dalla religione. Sento una grossa spinta a farlo perchè penso che contribuisca a mostrare i fedeli sotto una luce nuova, non più come nemici da sopraffare ma come fratelli da aiutare. D'altro canto invece ho paura che questo possa essere percepito come un tentativo di ironizzare sulla condizione psicologica del credente. Consigli?

    red

  6. @—>Red
    "ma come fratelli da aiutare"
      
    Ricorda che anche i missionari pensavano agli indios come fratelli da aiutare, e hai visto com'è andata. Qui non si tratta d'aiutare nessuno, ma solo di far capire bene a tutti che la libertà di ciascuno finisce lì dove inizia quella degli altri.
    Un abbraccio.
      Ricorda che anche R 

  7. non è ciò che ho detto ma va bene comunque.

    ps
    qui il confronto non è tra nativi in perizoma e conquistadores ma tra occidentali con pari grado di istruzione e cultura.

    psps
    se passasse il concetto che il credente è affetto da un morbo chiamato fede, penso diventi banale che questi non è LIBERO di… "infettarmi".

    fa niente. Ti abbraccio.
    red
    🙂

  8. che poi a pensarci anche se non fosse una patologia ha comunque dei tratti tipici di un morbo: è contagiosa e uccide pure diversa gente…. bah

    red

  9. @–>Red
    Nel 2002, se ricordi, in Arabia Saudita 15 giovanette perirono nel rogo della scuola perché la polizia impedì loro di mettersi in salvo, in quanto prive di velo.
    Questa è la setticemia  che  qualsiasi religione porta inevitabilmente con sé.
    Per il resto, uno può credere a ciò che vuole. La dimensione della fede è uno stato personalissimo e non condivisibile, che non deve e non può venir istituzionalizzato.
    Personalmente, così come non tifo per nessuna squadra di calcio e non sostengo alcun partito politico, non me ne importa un fico di condividere con gli altri esperienze "spirituali"; anche perché non ne ho proprio alcuna.
    La mia personale ricerca di riferimenti "morali" è assolutamente laica e materialista e non ha nulla a che vedere con la fede.

  10. @–>Kefos
    Non ancora. Ho veramente pochissimo tempo in questo periodo. Ma ho visto  tutte le tue segnalazioni e sta sicuro che a breve consulterò le indicazioni che mi hai fornito.
    Un abbraccio.

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