PERCHE' LA VERA GIUSTIZIA FISCALE SI PUO' FARE SOLO MEDIANTE L'INTRODUZIONE DI UN'IMPOSTA SUI PATRIMONI


George Grosz
Banca d’Italia: Il 45 per cento della ricchezza in mano al 10 per cento delle famiglie

Secondo i dati diffusi dalla Banca centrale, il 50 per cento delle famiglie dispone solo del 10 per cento del patrimonio

La distribuzione della ricchezza in Italia è molto squilibrata: il 10 per cento delle famiglie possiede il 45 per cento della ricchezza, mentre c’è un 50 per cento delle famiglie che in totale arriva a mettere insieme il 10 per cento della ricchezza totale. E’ quanto emerge dai dati diffusi oggi dalla Banca d’Italia, che ha presentato il bollettino sulla ricchezza delle famiglie (dati riferiti al 2008). Il rapporto descrive un Paese fortemente diviso tra chi conduce una vita agiata e chi, per usare un’espressione abusata, “fatica ad arrivare alla fine del mese”.

Al di là delle percentuali, è analizzando i dati assoluti che si coglie il vero significato di questo squilibrio: la ricchezza netta dei 24 milioni di famiglie italiane è di 8.600 miliardi. Questo significa che, in media, ogni famiglia possiede un patrimonio di 358.000 euro. Una cifra ragguardevole, che infatti pone il nostro Paese nella media degli stati dell’Occidente (e di gran lunga più in alto degli Stati Uniti). Ragionando però sulla distribuzione di questa ricchezza, la musica cambia. Eccome. Dividendo il 44 per cento del patrimonio per il 10 per cento delle famiglie, si ottiene una media per famiglia di oltre un milione e mezzo di euro. La metà delle famiglie italiane, invece, ha un patrimonio medio di poco più di 70mila euro. Non stiamo parlando di reddito, ma di patrimonio: case, terreni, beni intestati. La banca centrale italiana, infatti, lo riconosce: “Molte famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza, mentre all’opposto poche dispongono di una ricchezza elevata”. E se gli italiani conservano comunque un patrimonio “competitivo” è grazie soprattutto alle scelte di investimento abituali: il 62 per cento della ricchezza è distribuita in “attività reali”, e tra queste l’82 per cento sono costituite da case di proprietà.

Il patrimonio immobiliare delle famiglie italiane – continuna l’analisi di Bankitalia – alla fine del 2009 era era stimabile in circa 4.800 miliardi di euro, con un aumento in termini reali dello 0,4 per cento rispetto a un anno prima. Sempre alla fine del 2009, le passività finanziarie delle famiglie italiane erano costituite per circa il 41 per cento da mutui per l’acquisto dell’abitazione. Proprio perché “concentrate” in larga parte sui mutui, le nostre famiglie risultano meno indebitate rispetto alla media dei Paesi occidentali. Da un confronto internazionale emerge infatti come alla fine del 2008 l’ammontare dei debiti fosse pari al 78 per cento del reddito disponibile lordo: in Germania e in Francia tale valore era pari a circa del 100 per cento, negli Stati Uniti e in Giappone al 130 per cento.

Complessivamente, i numeri dicono che l’Italia appartiene alla parte più ricca del mondo, in termini di ricchezza netta pro-capite: il 60% delle famiglie italiane ha una ricchezza netta superiore a quella del 90% delle famiglie di tutto il mondo. Le cifre non fanno sfigurare il nostro Paese a un confronto internazionale, ma è la loro analisi a far emergere un problema serio.  “I dati sulla ricchezza delle famiglie italiane sono drammaticamente eloquenti: un’insostenibile disuguaglianza, una distribuzione tra le più inique delle economie sviluppate e che frena la crescita”. E’ il commento del responsabile Economia e Lavoro del Pd, Stefano Fassina, ai dati di Bankitalia. Ancora più diretto Antonio di Pietro, leader dell’Italia dei Valori: “E’ una situazione da Repubblica delle banane”, scrive sul suo blog: “Questo è diventato un Paese in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, un Paese fondato sull’ingiustizia. Se il governo e le grandi aziende fossero davvero liberali come dicono di essere, se non fossero abituati a predicare sempre bene e a razzolare sempre male, le cose andrebbero un po’ meglio. Non per noi politici ma per quel 90% delle famiglie italiane che deve accontentarsi delle briciole”.

(DA QUI)

 Svariati anni or sono, tramite mio cognato, conobbi un simpaticissimo principe napoletano che era proprietario di più o meno tremila appartamenti. Sì, proprio tremila appartamenti,  in gran parte locati al nero.
Tralasciando le eredità secolari di chi nasce da nobili lombi, pervenute grazie ai genocidi perpetrati da qualche avo longobardo o franco, di cui s'è oramai persa memoria, i patrimoni accumulati da quel dieci per cento di famiglie, di cui parla l'articolo, proviene per larga misura dalle enormi evasioni fiscali degli anni cha vanno dall'immediato dopo guerra agli inizi del nuovo millennio, prima dell'introduzione dell'euro. Denaro che, oltre a derivare quasi sicuramente dall'evasione più spudorata, assai spesso e paradossalmente veniva reinvestito  in titoli di Stato, a quel tempo esenti da qualsiasi imposta. Questo sta a dire che, prima, si evadevano le imposte e, poi, si prestava allo Stato il frutto dell'evasione a tassi d'interesse che, alla fine degli anni '80, si attestavano addirittura al 25%. Lo Stato – cioè, nello specifico, il rimanente 90% di italiani – in questa maniera veniva gabbato due volte: una prima, per effetto del mancato versamento delle tasse da parte dei veri ricchi e, una seconda, indebitandosi nei confronti di quel dieci per cento di privilegiati a livelli d'usura.
Un meccanismo che, credo, sia stato escogitato con piena cognizione di causa, perché, purtroppo, quel dieci per cento di famiglie che detiene quasi il 50% del patrimonio nazionale, è anche quello che, assieme alla Chiesa Cattolica (la quale, non dimentichiamo, da sola è proprietaria di circa un 25% della ricchezza del paese)  controlla la politica, l'economia, la finanza, l'industria.  Si tratta, cioè, della classe dominante, di coloro che prescelgono chi ci debba governare e che mettono da generazioni i propri figli e nipoti nelle stanze del potere vero.
Loro lo sanno benissimo che l'unico modo di riequilibrare il paese e rimetterlo in carreggiata sarebbe quello di diminuire l'assurda imposizione esistente sui redditi da attività produttive, pareggiando il conto mediante una tassazione  dei patrimoni e delle loro rendite, senza parlare delle manomorte ecclesiastiche. Di solito, fan studiare la loro progenie alla Bocconi o alla Luiss, quando non ad Harvard o a Oxford e, dunque, si rendono perfettamente conto che tassare i patrimoni ne favorirebbe la mobilità, rimettendo in circolazione ricchezza attualmente statica. Conoscono la storia e sono pienamente consci che il declino d'un paese inizia quando il capitale si trasferisce dal rischio alla rendita. Lo sanno benissimo che, solo rivitalizzando la circolazione della loro ricchezza, l'Italia recupererebbe la voglia d'inventare, studiare, intraprendere, lavorare, produrre, occupare,  nonché l'effettiva possibilità di spendere da parte della generalità delle famiglie. Lo sanno perfettamente che la ripresa potrà solo passare per questa strada. Lo sanno, ma non lo vogliono.
Poiché non lo vogliono, non lo permettono. 

6 Risposte a “PERCHE' LA VERA GIUSTIZIA FISCALE SI PUO' FARE SOLO MEDIANTE L'INTRODUZIONE DI UN'IMPOSTA SUI PATRIMONI”

  1. Non è vero !!!!

    Basta cominciare a mandare affanculo i nostri parlamentari, di destra, di sinistra, di centro, di inalto e di sotto !!!

    Ciao

  2. Sai che su questo sono perfettamente d'accordo con te. Oltre ai parlamentari, non scordiamoci il Vaticano e tutti i suoi pretacci.
    Un abbraccio, amico.

  3. Hai sicuramente ragione, ma levarsi dalle palle i politici ( tutti, dico tutti, cattolici falsi e finti del cazzo ) toglierebbero un pò di merda e si potrebbe eliminare più facilmente dei e cristicoli !

    Ciao amico.

  4. @–>Paolo
    Purtroppo mi manca il tempo per approfondire. Mi ripropongo sempre di sintetizzare tecnicamente la correlazione che esiste tra la crisi politica e sociale del nostro paese e la sua configurazione economica, ma servirebbe almeno un mese per esprimere un discorso in maniera compiuta e coerente. 

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