Sul sito di Piccolo Zaccheo leggo, in calce a un post, questo commento che – confesso – mi lascia alquanto perplesso. Non desidero aggiungere parola, permettendo così che ciascuno tragga le proprie conclusioni senza essere in alcuna maniera influenzato da ciò che potrei dire. Non ho neppure gli strumenti per poter confermare o smentire le fonti citate da Luigi Copertino nella sua disquisizione. Nell’impossibilità di accertare se le notizie assunte a presupposto di certe considerazioni ivi riportate siano almeno attendibili, mi appello a tutti coloro che, magari disponendo di altri dati, desiderassero dire la loro sull’argomento.
Caro Zac,
credo che tu abbia visto giusto. Effettivamente si è fatto passare, e gli effetti si vedono anche nelle nostre discussioni qui presenti, l’idea che, oltre alla Vergine Maria, al mondo siano nati e nascano altri esseri umani privi di macchia originale e dunque non solo incapaci di alcunché di male ma addirittura sempre e comunque vittime universali. Hai fatto bene ha ricordare Bar Koheba ed il regno Kazaro del VII secolo (ohibò, in tal caso nei ghetti finirono i cristiani). Aggiungerei anche i casi di Sabattai Zevi e di Jacob Frank. Ed anche se mi fosse materialmente possibile una intervista ad un contadino polacco del medioevo vittima delle spoliazioni da parte degli amministratori della debosciata e rapace feudalità polacca: si dà il caso che quei baroni affidavano l’amministrazione delle terre e la riscossione delle rendite esclusivamente ad ebrei che avevano, in caso di mancato versamento, carta bianca sui malcapitati, fino alla violenza carnale sulle loro donne. Ora, l’antisemitismo" polacco è notorio e da tutte le anime belle condannato (forse il senso di colpa, più polacco che ecclesiale, ha agito anche in Papa Wojtila). Ma pochi si sono chiesti quali ne siano le storiche motivazioni. Chi ha letto il libro di Solgenitzin "Due secoli assieme" sulla storia delle relazioni ebraico-russe? Ecco: tutti a condannare i pogrom ma pochi sono andati a verificare le radici dell’avversione russa verso gli ebrei. Leggendo l’opera di Solgenitzin si scoprirà che tale avversione trova motivazione in una serie di complessi problemi politico-sociali e che non sempre gli ebrei erano le povere vittime ma che spesso essi sono stati oggetto di violenza per la posizione socialmente e duramente egemonica occupata in seno alla società russa. Ci sono stati persino episodi di violenza alla rovescia nei quali gli ebrei hanno commesso veri e propri eccidi di russi, donne, vecchi e bambini compresi. Ora, capitava in tutto ciò che venissero tirate in ballo ed usate abusivamente questioni prettamente teologiche. Ma cosa c’entravano queste con l’odio etnico-sociale? Per favore. è necessario iniziare a discernere le varie questioni sin dall’uso dei termini che ho notato è molto "allegro" anche nelle discussioni su questo blog. Mi rifiuto di usare la parola "antisemitismo" in senso vago, generale ed onnicomprensivo. L’antisemitismo propriamente detto è solo quello razziale, moderno, basato sul positivismo darwiniano con retroterra occultistico-teosofico. E’ questo l’unico, vero, esclusivo antisemitismo poi portato all’apice dal nazismo. Esso è fenomeno assolutamente moderno e non ha basi né teologiche, né socio-economiche, né culturali, sebbene gli antisemiti razziali moderni, compresi i nazisti, non abbiamo esitato ad usare stereotipi premoderni, teologici o socioeconomici (ma ciò non significa, come vuole la vulgata attualmente egemone, che tra i Padri della Chiesa, i pogrom russi ed Auschwitz vi sia una linea diretta di causa-effetto). Diverso dall’antisemitismo è stata la "giudeofobia" a base socio-economica, di cui sopra, ma che, a differenza dell’antisemitismo vero e proprio, non voleva lo sterminio degli ebrei: soltanto togliere loro l’egemonia sociale laddove essa sussisteva (e che sarebbe stata, che so, "tartarofobia" se quella egemonia fosse stata, in quelle situazioni storiche, esercitata dai tartari anziché dagli ebrei). Diverso ancora è (uso tale termine anche se non lo ritengo adeguato, per essere stato demonizzato, ad indicare immediatamente il problema teologico di fondo) l’ "antigiudaismo teologico" cristiano. Quest’ultimo non ha basi né socio-economiche, né razziali, né storico-culturali, ma solo ed esclusivamente teologiche come magistralmente impostate da san Paolo e dai Padri della Chiesa. Certamente, sul piano storico e nel corso dei secoli, noi cristiani non sempre siamo stati all’altezza del magistero di san Paolo che, pur ricordando la condizione di "rami tagliati" dei suoi fratelli nella carne, per la conversione dei quali – scriveva – sarebbe stato disposto a dare la vita stessa, raccomandava ai cristiani la massima carità e misericordia. Ecco: noi cristiani se dobbiamo fare un mea culpa, limitato agli effettivi casi di nostra responsabilità, è solo sul piano della prassi, sul piano pastorale, ma non su quello della Verità teologica. Ora, ad esempio, la Nostra Aetate del Vaticano II, che doveva essere, come lo stesso Concilio, solo un documento "pastorale", ha finito, forse contro la volontà dei suoi stessi estensori (in parte ne dubito visto l’influsso sul cardinale Bea esercitato da Jules Isaac), per diventare, nell’esegesi postconciliare, un documento del magistero teologico mediante cui si è preteso, con quali danni per la fede del popolo cristiano è diventato ora drammaticamente evidente, di rompere con la tradizionale teologia della sostituzione che era stata, per l’appunto, iniziata proprio da san Paolo, ebreo, fariseo e cittadino romano, quando diceva ai cristiani provenienti dal paganesimo che essi erano i rami selvatici innestati sull’Olivo santo al posto dei rami tagliati, ossia al posto degli israeliti. Rimando, in proposito, a Francesco Spadafora "Cristianesimo e Giudaismo" Edizioni Krinon 1987 (purtroppo non più facilmante reperibile ma che si dovrebbe ristampare).
Per quanto riguarda infine l’attuale politica dello Stato di Israele non si può negare che essa sia discriminatoria ed evidentemente mirante alla pulizia etnica (Gaza è un lager a cielo aperto ed i palestinesi oggi sono nella stessa disperata condizione degli ebrei nel ghetto di Varsavia: anche questi ultimi si ribellarono, nell’estremo tentativo di salvarsi, e Stalin fermò l’avanzata dell’Armata Rossa affinché i nazisti potessero reprimere nel sangue la rivolta). Chi voglia sincerarsene legga le opere dello storico israeliano Ilan Pappe, recentemente ospite a Roma presso l’ISIAO, che con ricerche d’archivo ha dimostrato che, contrariamente a quel che la storiografia ufficiale sionista ha raccontato, l’ordine proveniente da Ben Gurion (Pappe ha ritrovato il documento scritto) di effettuare la pulizia etnica con il terrore nei villaggi palestinesi fu dato nel febbraio 1948 ossia molto prima dello scoppio della prima guerra arabo-israeliana nell’ottobre di quell’anno. Pappe ha provato che in 9 mesi circa un milione di arabi, terrorizzati dagli eccidi e dagli stermini dell’Haganà e della Banda Stern o dell’Irgun (l’esercito israeliano e le bande di miliziani sionisti), fu costretto a lasciare le sue terre. Dunque non è vero, come poi hanno raccontato i sionisti, che gli arabi furono convinti a lasciare i villaggi dai Paesi confinanti in lotta con Israele per avere una scusa spendibile sul piano internazionale. Si approfondiscano anche le idee chiaramente razziste di Jabotinski, il capofila della corrente fascita del movimento sionista e padre del Likud di Sharon e del Kadhima di Olmert. Inutile dire, caro Zac, che Ilan Pappe ha subito l’ostracismo civile in Israele, come è capitato -ricordi?- ad Ariel Toaff, ed ha dovuto abbandonare l’Università di Haifa dove insegnava per emigrare in una Università inglese. La radice sottilmente e talmudicamente razzista del sionismo è evidente negli stessi scritti di Herzl, il fondatore del movimento. Invito tutti gli interessati a leggere in proposito gli scritti di Domenico Losurdo. Ho anch’io amici di sinistra dai quali mi differenziano molte cose e tante sono le discussioni fra noi. Tuttavia è ormai da anni che ho rifiutato di farmi incastrare nello schema politico occidentale (falso ed inadeguato a far comprendere la realtà di oggi) "destra-sinistra": la mia unica Via è quella di Nostro Signore, per quanto il sottoscritto ne sia indegno e non all’altezza (ma confido, con suor Faustina Kolwalska, nella Sua Divina Misericordia). Ecco perché non mi impressiona in certe battaglie ritrovarmi accanto a gente che per essere spiritualmente e culturalmente assolutamente distante da me non è la mia gente in senso ecclesiale ma che tuttavia certe cose le ha capite laddove molti cristiani dormono il "beato" sonno che Cristo ha rimproverato alle vergini stolte della parabola. Scusami Zac dell’invasione e della lunghezza dei miei interventi (cercherò in futuro di moderarmi: promesso), ma il tema è cruciale per noi cristiani e, purtroppo, constato in ambito ecclesiale una totale assenza di attenzione a quanto è accaduto e sta accadendo nei rapporti ebraico-cristiani. Il rischio è quello di sostituire Auschwitz al Calvario.
Saluti.
Luigi Copertino
credo che tu abbia visto giusto. Effettivamente si è fatto passare, e gli effetti si vedono anche nelle nostre discussioni qui presenti, l’idea che, oltre alla Vergine Maria, al mondo siano nati e nascano altri esseri umani privi di macchia originale e dunque non solo incapaci di alcunché di male ma addirittura sempre e comunque vittime universali. Hai fatto bene ha ricordare Bar Koheba ed il regno Kazaro del VII secolo (ohibò, in tal caso nei ghetti finirono i cristiani). Aggiungerei anche i casi di Sabattai Zevi e di Jacob Frank. Ed anche se mi fosse materialmente possibile una intervista ad un contadino polacco del medioevo vittima delle spoliazioni da parte degli amministratori della debosciata e rapace feudalità polacca: si dà il caso che quei baroni affidavano l’amministrazione delle terre e la riscossione delle rendite esclusivamente ad ebrei che avevano, in caso di mancato versamento, carta bianca sui malcapitati, fino alla violenza carnale sulle loro donne. Ora, l’antisemitismo" polacco è notorio e da tutte le anime belle condannato (forse il senso di colpa, più polacco che ecclesiale, ha agito anche in Papa Wojtila). Ma pochi si sono chiesti quali ne siano le storiche motivazioni. Chi ha letto il libro di Solgenitzin "Due secoli assieme" sulla storia delle relazioni ebraico-russe? Ecco: tutti a condannare i pogrom ma pochi sono andati a verificare le radici dell’avversione russa verso gli ebrei. Leggendo l’opera di Solgenitzin si scoprirà che tale avversione trova motivazione in una serie di complessi problemi politico-sociali e che non sempre gli ebrei erano le povere vittime ma che spesso essi sono stati oggetto di violenza per la posizione socialmente e duramente egemonica occupata in seno alla società russa. Ci sono stati persino episodi di violenza alla rovescia nei quali gli ebrei hanno commesso veri e propri eccidi di russi, donne, vecchi e bambini compresi. Ora, capitava in tutto ciò che venissero tirate in ballo ed usate abusivamente questioni prettamente teologiche. Ma cosa c’entravano queste con l’odio etnico-sociale? Per favore. è necessario iniziare a discernere le varie questioni sin dall’uso dei termini che ho notato è molto "allegro" anche nelle discussioni su questo blog. Mi rifiuto di usare la parola "antisemitismo" in senso vago, generale ed onnicomprensivo. L’antisemitismo propriamente detto è solo quello razziale, moderno, basato sul positivismo darwiniano con retroterra occultistico-teosofico. E’ questo l’unico, vero, esclusivo antisemitismo poi portato all’apice dal nazismo. Esso è fenomeno assolutamente moderno e non ha basi né teologiche, né socio-economiche, né culturali, sebbene gli antisemiti razziali moderni, compresi i nazisti, non abbiamo esitato ad usare stereotipi premoderni, teologici o socioeconomici (ma ciò non significa, come vuole la vulgata attualmente egemone, che tra i Padri della Chiesa, i pogrom russi ed Auschwitz vi sia una linea diretta di causa-effetto). Diverso dall’antisemitismo è stata la "giudeofobia" a base socio-economica, di cui sopra, ma che, a differenza dell’antisemitismo vero e proprio, non voleva lo sterminio degli ebrei: soltanto togliere loro l’egemonia sociale laddove essa sussisteva (e che sarebbe stata, che so, "tartarofobia" se quella egemonia fosse stata, in quelle situazioni storiche, esercitata dai tartari anziché dagli ebrei). Diverso ancora è (uso tale termine anche se non lo ritengo adeguato, per essere stato demonizzato, ad indicare immediatamente il problema teologico di fondo) l’ "antigiudaismo teologico" cristiano. Quest’ultimo non ha basi né socio-economiche, né razziali, né storico-culturali, ma solo ed esclusivamente teologiche come magistralmente impostate da san Paolo e dai Padri della Chiesa. Certamente, sul piano storico e nel corso dei secoli, noi cristiani non sempre siamo stati all’altezza del magistero di san Paolo che, pur ricordando la condizione di "rami tagliati" dei suoi fratelli nella carne, per la conversione dei quali – scriveva – sarebbe stato disposto a dare la vita stessa, raccomandava ai cristiani la massima carità e misericordia. Ecco: noi cristiani se dobbiamo fare un mea culpa, limitato agli effettivi casi di nostra responsabilità, è solo sul piano della prassi, sul piano pastorale, ma non su quello della Verità teologica. Ora, ad esempio, la Nostra Aetate del Vaticano II, che doveva essere, come lo stesso Concilio, solo un documento "pastorale", ha finito, forse contro la volontà dei suoi stessi estensori (in parte ne dubito visto l’influsso sul cardinale Bea esercitato da Jules Isaac), per diventare, nell’esegesi postconciliare, un documento del magistero teologico mediante cui si è preteso, con quali danni per la fede del popolo cristiano è diventato ora drammaticamente evidente, di rompere con la tradizionale teologia della sostituzione che era stata, per l’appunto, iniziata proprio da san Paolo, ebreo, fariseo e cittadino romano, quando diceva ai cristiani provenienti dal paganesimo che essi erano i rami selvatici innestati sull’Olivo santo al posto dei rami tagliati, ossia al posto degli israeliti. Rimando, in proposito, a Francesco Spadafora "Cristianesimo e Giudaismo" Edizioni Krinon 1987 (purtroppo non più facilmante reperibile ma che si dovrebbe ristampare).
Per quanto riguarda infine l’attuale politica dello Stato di Israele non si può negare che essa sia discriminatoria ed evidentemente mirante alla pulizia etnica (Gaza è un lager a cielo aperto ed i palestinesi oggi sono nella stessa disperata condizione degli ebrei nel ghetto di Varsavia: anche questi ultimi si ribellarono, nell’estremo tentativo di salvarsi, e Stalin fermò l’avanzata dell’Armata Rossa affinché i nazisti potessero reprimere nel sangue la rivolta). Chi voglia sincerarsene legga le opere dello storico israeliano Ilan Pappe, recentemente ospite a Roma presso l’ISIAO, che con ricerche d’archivo ha dimostrato che, contrariamente a quel che la storiografia ufficiale sionista ha raccontato, l’ordine proveniente da Ben Gurion (Pappe ha ritrovato il documento scritto) di effettuare la pulizia etnica con il terrore nei villaggi palestinesi fu dato nel febbraio 1948 ossia molto prima dello scoppio della prima guerra arabo-israeliana nell’ottobre di quell’anno. Pappe ha provato che in 9 mesi circa un milione di arabi, terrorizzati dagli eccidi e dagli stermini dell’Haganà e della Banda Stern o dell’Irgun (l’esercito israeliano e le bande di miliziani sionisti), fu costretto a lasciare le sue terre. Dunque non è vero, come poi hanno raccontato i sionisti, che gli arabi furono convinti a lasciare i villaggi dai Paesi confinanti in lotta con Israele per avere una scusa spendibile sul piano internazionale. Si approfondiscano anche le idee chiaramente razziste di Jabotinski, il capofila della corrente fascita del movimento sionista e padre del Likud di Sharon e del Kadhima di Olmert. Inutile dire, caro Zac, che Ilan Pappe ha subito l’ostracismo civile in Israele, come è capitato -ricordi?- ad Ariel Toaff, ed ha dovuto abbandonare l’Università di Haifa dove insegnava per emigrare in una Università inglese. La radice sottilmente e talmudicamente razzista del sionismo è evidente negli stessi scritti di Herzl, il fondatore del movimento. Invito tutti gli interessati a leggere in proposito gli scritti di Domenico Losurdo. Ho anch’io amici di sinistra dai quali mi differenziano molte cose e tante sono le discussioni fra noi. Tuttavia è ormai da anni che ho rifiutato di farmi incastrare nello schema politico occidentale (falso ed inadeguato a far comprendere la realtà di oggi) "destra-sinistra": la mia unica Via è quella di Nostro Signore, per quanto il sottoscritto ne sia indegno e non all’altezza (ma confido, con suor Faustina Kolwalska, nella Sua Divina Misericordia). Ecco perché non mi impressiona in certe battaglie ritrovarmi accanto a gente che per essere spiritualmente e culturalmente assolutamente distante da me non è la mia gente in senso ecclesiale ma che tuttavia certe cose le ha capite laddove molti cristiani dormono il "beato" sonno che Cristo ha rimproverato alle vergini stolte della parabola. Scusami Zac dell’invasione e della lunghezza dei miei interventi (cercherò in futuro di moderarmi: promesso), ma il tema è cruciale per noi cristiani e, purtroppo, constato in ambito ecclesiale una totale assenza di attenzione a quanto è accaduto e sta accadendo nei rapporti ebraico-cristiani. Il rischio è quello di sostituire Auschwitz al Calvario.
Saluti.
Luigi Copertino
Riprendo, per correttezza, la successiva puntualizzazione di Copertino apparsa sullo stesso sito:
Avendo scatenato, contro ogni mia intenzione, una discussione alquanto animata, cosentitemi di chiudere il mio discorso con alcune semplici precisazioni. Ho due figli maschi ma se avessi avuto una femmina il nome che le avrei dato sarebbe stato quello di Myriam che come è noto in ebraico sta per Maria. Per devozione alla Madonna, certamente, ma usando l’originario nome ebraico. Contro gli ebrei non ho nulla, neanche contro la loro fede religiosa che però è diversa dalla mia. Ora, nei miei scritti ho solo cercato di evidenziare quale sia il contenuto, a mio giudizio suscettibile di pericolosi rovesciamenti, a modo loro “razzisti”, di questa loro fede e più di una volta ho segnalato che all’interno dell’ebraismo vi sono diverse letture del Talmud e che non tutte le scuole ebraiche ne danno una interpretazione “anti-goym”. Però è vero che vi sono altre correnti che questa interpretazione la danno e sono quelle che hanno dato al genocidio nazista, al sionismo ed allo Stato di Israele un significato “messianico” e “teologico”. Si legga cosa diceva in proposito, sul ruolo messianico che a suo giudizio il sionismo secolare e socialista senza volerlo stava svolgendo, Rabbi KooK il rabbino che guidò i primi insediamenti sionisti in Palestina: quei primi coloni, poi, con grande disappunto degli ebrei risiedenti in Terra Santa da secoli e da secoli pacificamente convinenti con islamici e cristiani, furono i responsabili delle prime sanguinarie mattanze antiarabe. Effetti perversi del millenarismo, anche di quello che è germogliato in case ebraica. Queste correnti dell’ebraismo bestemmiano la Santità del Dio di Abramo che vuole che la Terra Santa sia la “Casa di preghiera per tutte le genti”. Ecco tutto: amo gli ebrei, da loro è venuta la salvezza, con san Paolo dico che purtroppo attualmente essi sono rami tagliati ma che un giorno saranno reinnestati e, sopratutto, che i cristiani hanno spesso dimenticato quel che raccomandava loro sempre san Paolo, pena l’essere a loro volta recisi dall’Olivo santo, ossia di essere misericordiosi e caritatevoli verso gli israeliti. Ricordo che il fior fiore dei santi fu sempre misericordioso verso gli ebrei ed ha duramente condannato la violenza del popolino contro gli israeliti.
Mi dispiace anche aver urtato la sensibilità di Eno, che non conosco, magari chissà … un giorno potrebbe pure capitare di conoscersi: “delatore” è parola pesante scappata in un momento di stizza di fronte al suo stile non certo benevolo. Va beh, ho peccato di superbia e ne terrò conto alla prossima confessione sacramentale, Vorrei che però Eno capisca che il mio discorso è essenzialmente intra ecclesiam: quel che mi preoccupa è lo stato di sbandamento del popolo cristiano e ritengo che in tale sbandamento molta responsabilità sia della poca chiarezza teologica anche nella questione dei rapporti ebraico-cristiani. Non si può pretendere che un cristiano accetti la teologia ebraica di Israele messia collettivo senza apostatare dalla sua fede. Viceversa non si può pretendere neanche il contrario e chiedere ad un ebreo di riconoscere la Messianicità di Cristo (verrà il giorno in cui gli ebrei la riconosceranno ma sarà per opera del Signore non per i nostri sforzi umani). Solo credo che sia doveroso per un cristiano avvertire i suoi confratelli nella fede (ripeto: è di essi che mi preme, non dei non cristiani liberissimi di pensare altrimenti) dei rischi evidenti e chiari di sostituire Auschwitz al Golgota: è un rischio che corrono i cristiani, sedotti dalla secolarizzazione e sovente abbandonati dalla Gerarchia, non i liberali, i comunisti, i fascisti, gli ebrei, gli islamici. L’avvertimento era per loro, non per Eno. Zac è cristiano serio ed ha messo in piedi un bellissimo blog di “cose cristiane”: è permesso discutere tra cristiani sul senso storico-teologico di Auschwitz? Certo senza nessuna esclusione per chi cristiano non è e vuole intervenire nella discussione: ma nel reciproco rispetto, per favore. Caro Eno: non ricordo quale rabbino (appena posso consulterò la fonte e te ne indicherò il nome) in una sua opera ha esplicitamente chiesto ai cristiani se si sono resi conto del significato di Auschwitz? Intendeva egli dire: ma avete capito che vi siete illusi per duemila anni e che il vostro Gesù Cristo non era affatto il Messia, non era affatto il Verbo di Dio Incarnato, ma tutt’alpiù un eretico ellenizzante del giudaismo? Vi siete resi conto che Auschwitz sta ad indicare chi è il vero messia ossia Israele che con la sua sofferenza salva il mondo dal male e che Dio sta restituendo alla Terra Santa per inaugurare la Pace Universale? Orbene, ammetterai, caro Eno, che questo è un interrogativo teologico, una sfida alla fede cristiana come ha ben capito Papa Ratzinger (leggi la sua garbata ma chiara introduzione al documento della Pontificia Commissione Biblica “Il popolo ebraico e le sue sacre scritture nella Bibbia cristiana”: introduzione nella quale Ratzinger si pone proprio la domanda se dopo Auschwitz i cristiani possono avere ancora la pretesa di aver compreso l’esatto messaggio della Bibbia, se in altri termini l’esegesi cristiana è quella esatta). Ora, la fede ebraica, non puoi negarlo, sta diventando la “teologia civile dell’Occidente” ed è questo che da un punto di vista cristiano preoccupa lo scrivente: non perchè voglio restaurare un regime di Cristianità (leggi l’ultimo mio articolo su Effedieffe in cui polemizzo con i “cattofondamentalisti” ed i “cattotalebani”). Quindi, tu in quanto liberale, non devi preoccuparti: perché quanto dico non vuole essere nostalgico di nessun Ancién Régime. Faccio solo notare che, se così è, se la fede ebraica sta diventadno l’Identità profonda di questo Occidente post-crisstiano, allora l’Occidente Liberale, quello della libertà religiosa e della separazione tra Chiesa e Stato, sta tradendo tutti i suoi presupposti e sta imponendo inavvertamente un nuova realtà di Stato confessionale: quasi che il processo di secolarizzazione sia servito solo ha rimpiazzare il Cristianeimo come religione di Stato con un’altra fede. Che fine fanno allora i principi liberali dell’Occidente?
Per quanto riguarda il “complottismo”: guarda, caro Eno, che non ho mai affermato che vi siano congreghe di uomini che pianificano la storia dell’umanità. Non ho mai letto “I protocolli dei Savi di Sion” né mai li leggerò. Perché aberranti ed antisemiti: sì, ti può sembrare strano ma anch’io conosco questa categoria e nel caso di quell’opera aberrante riconosco tutta l’impalcatura ottocentesca e nazionalista, dunque tendenzialmente razzista, nel senso positivista del termine, dell’antisemitismo, anche quando esso si è nascosto, ed hanno sbagliato i cristiani che vi hanno abboccato, dietro la pretesa della difesa della “cristianità”: è in fondo la stessa pretesa dell’odierno “ateismo devoto” alla Ferrara, alla Fallaci ed alla Marcello Pera che in nome di un presunto “Occidente cristiano” inneggia allo scontro di civiltà ed all’islamofobia (è così che si prepara il terreno per i genocidi). Credo, per tornare al nostro argomento, solo all’esistenza ed all’azione, è parte della mia fede cristiana, di quel che san Paolo chiamava “mistero d’iniquità”: punto e basta. Ed in questo mistero di inquità ha posto anche l’antisemitismo e pure la giudeofobia a base economica ed anche l’uso abusivo ed illeggittimo della teologia cristiana per la giustificazione di politiche che con la fede in Cristo nulla c’entrano. Credo alle parole di Cristo: “Quando il Figlio dell’Uomo tornerà troverà ancora la fede sulla terra?”. E mi sembra che l’indietraggiare storico della fede cristiana a partire quantomeno dal XVI secolo, da Lutero, confermi tale ammonizione. Tutto qui: nessuna prevenzione per la modernità (che tra l’altro, tu lo voglia o no, ha radici anche cristiane) sebbene credo che essa non solo sia esistita ma anche che stia naufragando nell’irrazionalismo di ritorno della postmodernità, come aveva lucidamente previsto Augusto Del Noce dal quale, a differenza di te, penso ci sia molto, moltissimo, da imparare. Leggo la storia, permetti che questo sia coerente con la mia fede, e che pertanto sia anche un mio diritto, con una chiave teologica: prima di me lo hanno fatto sant’Agostino e san Bonaventura (leggi l’ultimo libro di Ratzinger sulla teologia della storia in san Bonaventura: te lo consiglio vivamente anche per capire l’essenza gnostica, giachimita, e dunque utopica, nel senso etimologico del termine: senza luogo, della modernità ossia, in altri termini, del processo di decristianizzazione, almeno per quanto riguarda il mondo un tempo cristiano).
Infine: proprio laddove sussiste una possibilità di giudicare le leggi positive alla Luce di un più alto criterio di etica naturale è garantita la persona umana dagli esiti inevitabilmente totalitari del liberalismo ottocentesco, hegheliano, ma anche da quelli relativistici, che poi a modo loro ricadono in una forma totalitaria come è l’ideologia del “politicamente corretto” del liberalismo pragmatico di tipo anglosassone (quello che, partito dalla rivendicazione di diritti individuali assoluti, ha finito, eterogenesi dei fini direbbe il mio amato Del Noce, per imporre per legge il divieto di discutere con assoluta libertà di qualsiasi cosa, anche di ebraismo, genocidio nazista, problemi di etica familiare e sessuale, senza dover per forza assecondare i dogmi imperanti sostenuti da forti gruppi di pressione).
Credimi Eno: non sono quell’orco “mangiaebrei” che tu credi: sono solo un povero cristo che cerca di testimoniare, nel campo della cultura, pur con tutte le sue limitate capacità (ed è per questo che mi dico sempre discepolo ma mai maestro), la sua fede cristiana.
Certo: qualche volte con toni sostenuti (ho un carattere tendenzialmente…
continua dal commento precedente:
… solo del primo momento ma già al secondo va scemando. Perciò, caro Eno, mi perdonerai se ho urtato la tua sensibilità in qualcosa. Non era mia intenzione. Non era a te che pensavo quando scrivevo ma ai fratelli cristiani. Non ho mai cercato notorietà, perchè sono di indole introversa e piuttosto “contemplativa”. Non aspiro a protagonismi. Faccio solo quello che Lui mi chiede di fare mettendomi sulla strada le occasioni per poter testimoniare la mia fede cristiana, per quanto sia inadeguato al compito. Non ho pertanto alcun rancore nei tuoi confronti neanche per la “pubblicità”, penso poco lusinghiera, che mi hai fatto spedendo via mail le mie cose. Se vuoi spedisci anche questo scritto. Non è una richiesta o una pretesa: devi deciderlo tu in coscienza. Dio sa quali sono i sentimenti che albergano in me verso gli ebrei come verso chiunque, anche te. E questo basta. Cerco di amare il prossimo, per quanto la debolezza umana ce ne rende capaci: poi serve l’aiuto del Cielo.
Dunque: sinceramente, senza alcun rancore.
Un abbraccio.
Luigi Copertino