LEZIONE DI MARKETING

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LETTERA DEL SANTO PADRE
 

Cari Seminaristi,
(omissis)

Il prodotto
… gli uomini avranno sempre bisogno di Dio, anche nell’epoca del dominio tecnico del mondo e della globalizzazione ….
(omissis)
Il bisogno soddisfatto dal prodotto
Dove l’uomo non percepisce più Dio, la vita diventa vuota; tutto è insufficiente. L’uomo cerca poi rifugio nell’ebbrezza o nella violenza, dalla quale proprio la gioventù viene sempre più minacciata
(omissis)
I piazzisti del prodotto
… il mondo ha bisogno di sacerdoti, di pastori, oggi, domani e sempre, fino a quando esisterà.
(omissis)
Le piazze migliori dove collocare il proprio prodotto
Mantenete pure in voi la sensibilità per la pietà popolare, che è diversa in tutte le culture, ma che è pur sempre molto simile, perché il cuore dell’uomo alla fine è lo stesso. Certo, la pietà popolare tende all’irrazionalità, talvolta forse anche all’esteriorità. Eppure, escluderla è del tutto sbagliato. Attraverso di essa, la fede è entrata nel cuore degli uomini, è diventata parte dei loro sentimenti, delle loro abitudini, del loro comune sentire e vivere. Perciò la pietà popolare è un grande patrimonio della Chiesa.
(omissis)
Conoscere bene ciò che si vende
È importante conoscere a fondo la Sacra Scrittura interamente, nella sua unità di Antico e Nuovo Testamento: la formazione dei testi, la loro peculiarità letteraria, la graduale composizione di essi fino a formare il canone dei libri sacri, l’interiore unità dinamica che non si trova in superficie, ma che sola dà a tutti i singoli testi il loro significato pieno.
(omissis)
Minimizzare i punti negativi 
Di questo contesto fa parte anche l’integrazione della sessualità nell’insieme della personalità. La sessualità è un dono del Creatore, ma anche un compito che riguarda lo sviluppo del proprio essere umano.
(omissis)
I “compagni” che sbagliano
Di recente abbiamo dovuto constatare con grande dispiacere che sacerdoti hanno sfigurato il loro ministero con l’abuso sessuale di bambini e giovani.
(omissis)
Motivare è il vero segreto del successo d’una forza di vendita
A causa di tutto ciò può sorgere la domanda in molti, forse anche in voi stessi, se sia bene farsi prete; se la via del celibato sia sensata come vita umana. L’abuso, però, che è da riprovare profondamente, non può screditare la missione sacerdotale, la quale rimane grande e pura.
(omissis)

Dal Vaticano, 18 ottobre 2010, Festa di San Luca, Evangelista.
Vostro nel Signore
BENEDICTUS PP. XVI
[01419-01.01] [Testo originale: Italiano]

56 Risposte a “LEZIONE DI MARKETING”

  1. bellissimo!
    in effetti dell'azienda Chiesa possiamo benissimo fare a meno
    per quanto riguarda Dio beh, è una questione personale: c'è a chi manca qualcosa e a chi no
    ciao

  2. Dio è una questione personalissima dell'individuo. La Chiesa s'intromette nell'intimità di ciascuno e cerca di disporne a proprio vantaggio.
    In fin dei conti, la differenza tra chi crede e chi no, risiede tutta nel ritenere che la vita, nella sua globalità, abbia o meno uno scopo. Il resto, sono solo sovrastrutture.

  3. In fin dei conti, la differenza tra chi crede e chi no, risiede tutta nel ritenere che la vita, nella sua globalità, abbia o meno uno scopo. Il resto, sono solo sovrastrutture.

    quasi.
    la differenza risiede nel ritenere che è possibile che la vita abbia uno scopo, oppure che è impossibile
    infatti, poiché ritengo possibile che la vita abbia uno scopo, esplorare questa ipotesi mi appare una priorità morale, e pertanto faccio mia questa ipotesi, cioè le dò un anticipo di fiducia: credo ut intelligam
    prendere in considerazione l'ipotesi mi consente di falsificarla, cioè essa, da metafisica che era, diventa – per me che la prendo in considerazione – gradualmente fisica: intelligo ut credam

    ba

  4. @—->ba
    Non è che lo ritenga impossibile. Nulla è "impossibile" in un Universo infinito.
    Lo ritengo solo altamente improbabile.
    Mentre ritengo del tutto assurdo e contraddittorio il costrutto cristiano.

  5. Fosse per la fede non sussisterebbe alcun problema.

    La catastrofe arriva quando degli impostori si spacciano per depositari di qualche verità e portavoce di entità misteriose.

    E' questo che dovrebbe essere bandito dalla faccia della Terra.

  6. Non è che lo ritenga impossibile. Nulla è "impossibile" in un Universo infinito. Lo ritengo solo altamente improbabile.

    infatti è quello che sostengo. che non è affatto vero che "la differenza tra chi crede e chi no, risiede tutta nel ritenere che la vita, nella sua globalità, abbia o meno uno scopo"
    infatti anche tu ritieni possibile che la vita nella sua globalità abbia uno scopo, solo che – in virtù di qualche ostacolo morale tuo proprio – decidi di non esplorare questa ipotesi, cioè non le dai quell'anticipo di fiducia che ti qualificherebbe altrimenti come credente
    ba

  7. @—->ba 
    "in virtù di qualche ostacolo morale tuo proprio"
    Sostituisci "morale" con "logico" e finalmente saremo d'accordo su qualcosa.

  8. Bisogna prima capire cosa si intende per "scopo".
    La teleologia (anche e soprattutto non teologica) appartiene alla riflessione biologica da Aristotele (che chiamava la finalità del vivente entelechia).
    Sto scrivendo degli articoli su tutto questo (la finalità e le scienze del vivente), se siete interessati vi posso dare qualche suggerimento bibliografico.

  9. @—-Asmenos
    Le indicazioni bibliografiche m'interessano senz'altro, ma m'interessano altrettanto, se non di più, le tue riflessioni in proposito.

  10. Vorrei chiedere a ba cosa intende per "scopo";e oltre questo quale sarebbe lo "scopo" di un pianeta popolato da viventi che continuano incessantemente a riprodursi e morire (morire tra l'altro nelle più disparate età e in migliaia di modi diversi,molti dei quali atroci…andate a vedere come muore un neoplastico terminale).

    Nonchè essere soggetti alle forze devastanti della natura.

    Nonchè essere soggetti alle forze cieche della biologia e della genetica.

    Nonchè…potrei continuare per molto ma si sarà capito qual'è il mio punto di vista.

  11. "in virtù di qualche ostacolo morale tuo proprio"
    Sostituisci "morale" con "logico" e finalmente saremo d'accordo su qualcosa.

    l'ostacolo non può essere di ordine logico, poiché come tu stesso affermavi non più di qualche commento fa, non è logicamente inconcepibile che la vita abbia uno scopo.

    data un'ipotesi non contraddittoria, prenderla in considerazione oppure tralasciarla è quindi una valutazione di ordine morale

    non nasconderti dietro un dito: tralasciare un'ipotesi non contraddittoria non è una necessità logica, al contrario rientra nel novero delle molteplici decisioni che ciascuno di noi assume quotidianamente, e di cui siamo moralmente responsabili
    ba

  12. @—>Ba
    Scusami, ma stai sbagliando. Non ho detto che non è logicamente inconcepibile che la vita abbia uno scopo. Ho solo detto che non lo escludo in senso assoluto, poiché in un universo infinito nulla può essere escluso.
    Ciò non significa che detta ipotesi non sia altamente improbabile (fa conto 10 alla – gogool*) e che, dunque, per logica, io sia portato ad escluderla in senso relativo. Non vedo cosa c'entri questo con la morale che, come dice l'etimo stesso, si riferisce al "mos", cioé al costume, all'uso, alla consuetudine, al comportamento.

    *http://it.wikipedia.org/wiki/Googol
     

  13. Le mie considerazioni sono in corso d'opera e sono un po' lunghe per essere riassunte qui.
    Ma…tanto per gettare il sasso nello stagno…

    Il problema del finalismo nella biologia è una questione pervasiva.
    Ora, bisogna capire che cosa si intende per finalismo.
    Cioè cosa si intende nel dire che gli esseri viventi hanno uno "scopo" o che la natura ci si mostra come se possedesse una finalità.
    Kant risolse (ma il dibattito sulla sua visione è aperto) la questione dicendo che sebbene in accordo con Newton le leggi naturali che riguardano il biologico non potessero che essere meccaniche, tuttavia gli organismi mostravano una propositività intrinseca. E allora come se ne esce?
    Kant dice che il fatto che si sia portati a vedere questa finalità è da ricondursi alla struttura della nostra percezione e successiva elaborazione. La natura di per sé rimane newtoniana ma nel nostro osservarla non possiamo fare a meno di pensare che essa abbia una finalità.
    Ora, prescindendo dal fatto che Kant appartiene al suo tempo e che sappiamo bene quanto siano contestualmente limitate le leggi newtoniane, è lecito chiedersi se la natura mostri una finalità oggi?
    Se per finalità intendiamo la teleologia cosmica o la mano direttrice di qualche designer divino direi che non ci sono i mezzi per dibatterne. E' teologia, non riflessione scientifica. Ci si può credere o meno ma la cosa rimane lì.
    Ma se pensiamo alla lotta per la sopravvivenza, all'ontogenesi degli organismi, e a tanti altri aspetti del biologico di certo alcuni aspetti finalistici emergono.
    Watson e Crick e così Monod e tanti altri parlarono di teleonomicità, ovvero trasferirono ( o tentarono) la progettualità organica finora vista in maniera un po' metafisica in qualcosa che viene chiamato programma genetico. Posizione interessante, ma ha i suoi problemi e grossi.
    Anche eliminando il "genetico" rimane comunque la questione se sia possibile rintracciare progettualità o programmaticità nel mondo vivente. Per certi aspetti la risposta è sì.
    Come immaginavo potrei scrivere ore e non sarei esauriente nè esaustivo.
    Meglio chiudere qui…

  14. Esauriente ed esaustivo forse no, dato che sarebbe estremamente improbabile il riuscire ad esserlo, ma indubbiamente assai interessante, quello sì. Sempre relativamente a un approccio scientifico-epistemologico e non teologico al medesimo argomento, ritengo altrettanto fondamentale il dibattito tra determinismo e anti-deteminismo, che passa attraverso il principio d'indeterminazione di Heinsenberg. In un universo dove causa ed effetto non sarebbero in relazione tramite un legame di tipo matematico (deterministico), bensì puramente statistico o casuale, è ancora possibile parlare di progettualità o programmaticità?  Secondo me si tratta di un'altra faccia della stessa medaglia.

  15. Stephen Hawking,controbattendo ad Einstein,il quale non voleva saperne del principio di indeterminazione disse:

    "Non solo Dio gioca a dadi,ma li getta dove non possono essere visti".

    La quantistica è stato il colpo di grazia a chi ancora voleva parlare di "leggi stabilite da dio".

  16. Io eviterei di usare la scienza per smontare la teologia o la fede.
    Impresa impossibile perché la gente, solitamente, non crede per delle ragioni.
    Quindi l'intento è destinato, a mio avviso, a fallire.

    Lasciamoli fare e cazziamoli solo quando pretendono di fare l'inverso, ovvero di spiegare la scienza o demolirla con la fede.

  17. Sono d'accordo sul tuo approccio Asmenos,scienza e fede dovrebbero stare su due piani separati,tuttavia…non si può fare a meno di non rilevare come le scoperte scientifiche,e le varie teorie a sostegno,non possano non avere conseguenze sul piano filosofico.

    Vedi "Il caso e la necessità" del già citato Monod…

  18. Sì, ma un conto è rendersi conto che ovviamente le teorie scientifiche hanno ricadute filosofiche e viceversa, un altro pretendere di giustificare o meno la scienza teologicamente.
    Ricordere poi, che teologia e filosofia non sono la stessa cosa.

  19. @—>Asmenos
    Come dicevo da te, la religione ti dà un prodotto preconfezionato, sul quale non puoi, né devi, dire alcunché. Non vi è alcuno spazio per la ricerca, la sperimentazione, il dubbio metodico. Qualsiasi scostamento dalla strada prefissata, costituirà un sovvertimento dell'ordine costituito e un'apostasia rispetto al credo istituzionalizzato.  
    Tra teologia e filosofia c'è la stessa differenza che esiste tra astrologia ed astronomia.

  20. santo popcorn

    [..] Anemos scrive La prova dell’esistenza di una finalità nel mondo è più vicina di quanto si pensi: è l’uomo che avverte dei desideri, che lo muovono a degli scopi, è l’uomo che riconosce una finalità an [..]

  21. @—>Bart
    Non riuscivo a comprendere a chi ti riferivi con quel "Anemos", poi ho capito che avevi trascritto male il nick di Federico. Ti conviene correggere, perché altrimenti suona proprio male …..

  22. "le persone sono comprensibili soltanto in ragione di un fine, pertanto, se si limita la possibilità ermeneutica del nesso di finalità, il primo oggetto a restare privo di senso è l'uomo stesso, e il secondo è – immediatamente e inevitabilmente – la ricerca scientifica nonché la conoscenza umana tout court."
    Sei come quei "cattivi" scienziati che, prefissatisi una tesi, manipolano le prove empiriche per giungere a dimostrare che ciò che asseriscono è vero.
    Le persone sono comprensibili soltanto in ragione di un fine: sei tu che, a causa della tua forma mentis, fortemente condizionata dalla fede, non riesci ad estrapolare l'essere umano da un contesto finalistico;
    se si limita la possibilità ermeneutica del nesso di finalità, il primo oggetto a restare privo di senso è l'uomo stesso: qui effettui proprio quel ribaltamento sillogistico che ti contesto nel cappello introduttivo di questo commento. Ciò che tu ti prefiggi di dimostrare è che la vita umana è dotata di senso. Non puoi dirmi che se si nega tale possibilità, ossia che la vita umana abbia un senso, il risultato sarà che la vita umana è senza senso; ti rendi conto che stai solo girando attorno alla questione senza riuscire a districartene?
    il secondo (oggetto a restare privo di senso) è la ricerca scientifica non ché la conoscenza umana: valgono le medesime argomentazioni si cui sopra; tu devi dimostrare che ricerca scientifica e conoscenza umana hanno un senso (ossia una direzione, un fine, un verso, una freccia di riferimento, una meta, uno scopo, un obiettivo, un traguardo, un termine, ecc. ecc. ecc.); è lapalissiano che, se lo precludi a priori, stai già dicendo che non ce l'hanno; ma questo è, per l'appunto, ciò che tu dovresti dimostrare, ossia che ce l'hanno; sei caduto in una serie di tautologie, dalle quali, per riuscire ad esprimere un alcunché di logicamente apprezzabile, devi necessariamente uscire.
    Spero di  essere stato abbastanza chiaro.   
     

  23. hai capito poco del discorso.

    ti riassumo il punto primo:
    io non devo dimostrare proprio niente perché si sta parlando di paradigmi della scienza e non di teorie falsificabili

    è quindi il fondamento della capacità descrittiva a venire in questione prima ancora dell'oggetto della descrizione

    il fatto che esista il concetto di fine nel linguaggio umano è sufficiente a inferire che il concetto di fine è plausibile nel linguaggio umano

    (ab esse ad posse licet inferre)

    e tanto basta affinché il finalismo abbia il suo posto quale paradigma scientifico

    fine punto primo

    bart1

  24. Ma cosa stai dicendo? E' evidente che il finalismo è un concetto scientificamente plausibile. Nessuno dice il contrario, altrimenti non saremo neppure qui a discutere. Ci sono fior di epistemologhi che dibattono quotidianamente su questo argomento. Ma il fatto che un concetto sia plausibile, non significa che il sistema sia improntato ad esso. Questo è  il fulcro del problema, ciò che deve essere ricercato e dimostrato, ossia la sua "effettività", non la sua mera "possibilità" che, in quanto tale, esiste "in re ipsa". 

  25. bene ora passiamo al punto secondo

    eravamo arrivati ad affermare la plausibilità del concetto di fine nel linguaggio umano

    questa affermazione è un dato di fatto sulla capacità descrittiva del soggetto conoscente, ed è perciò stesso  anche un dato di fatto su un particolare oggetto della descrizione, cioè la persona umana

    ciò significa che esiste almeno un ente del mondo reale – la persona – per descrivere il quale il concetto di fine è non solo plausibile ma necessario

    prova infatti a descrivere le facoltà della persona umana a prescindere dal riferimento a un fine

    suggerimento: studiarsi prima la confutazione dell'I.A. forte

    bart1

  26. Scusate se mi intrometto.

    @ bart1:

    "il fatto che esista il concetto di fine nel linguaggio umano è sufficiente a inferire che il concetto di fine è plausibile nel linguaggio umano"

    Ti faccio notare che il fatto che un concetto possa essere pensato e/o detto (penso che tu ti riferisca a questo quando parli del linguaggio umano) non prova affatto che questo concetto sia, non solo plausibile, ma neanche probabile o meramente possibile. Prova a pensare al classico esempio del concetto di centauro. Tale concetto esiste certamente "nel linguaggio umano" ma…
    Filopaolo

  27. filopaolo la tua osservazione è completamente sballata
    primo, perché non sto affermando la plausibilità di un ente, ma la possibilità di interpretare la realtà mediante una categoria logica manifestamente esistente
    secondo, perché il concetto di centauro è un classico esempio di ente possibile, ancorché non esistente (il fatto che un ente sia plausibile, non implica che esso esista!)
    un cavallo alato senza ali, ecco un esempio di ente non plausibile

    sei benvenuto a intrometterti, ma possibilmente con osservazioni puntuali ed opportune

    bart1

  28. @ bart1

    L'asserzione che il concetto di finalità sia "una categoria logica manifestamente esistente" è priva di fondamento. Stai confondendo la fisica con la metafisica. Non c'è niente in natura che provi che gli enti naturali hanno un fine. La prova più banale di questo assunto è il semplice fatto che qualsiasi cosa esistente in natura c'è ma, a quanto ci è dato sapere,  potrebbe benissimo non esserci.
    La finalità non è una categoria naturale ma morale e di questo ti sei accorto inconsapevoilmente anche tu perché parli di "possibilità di INTERPRETARE la realtà mediante una categoria logica". Perchè non hai scritto  "di DESCRIVERE"? Avresti dovuto farlo se sostieni che la finalità è un dato di fatto evidente e verificabile. O no?
    Filopaolo

  29. @Filo
    @Lector

    Secondo me, vi state facendo involare in voli pindarici…( si puo' dire ? )

    Ciao a tutti.

    @ Bart1
    Come sempre, ti diletti a discutere di " aria fritta " ma non affronti mai la realtá evidente e men che meno la storicitá…

    Bye,bye

  30. Avresti dovuto farlo se sostieni che la finalità è un dato di fatto evidente e verificabile. O no?
    ma io non sostengo affatto questo! 
    ripetiamo:
    la causa finale è una categoria logica manifestamente esistente nella mente e nel linguaggio (la usiamo per descrivere le cose) e ciò – da un punto di vista veramente molto kantiano – è sufficiente affinché la causa finale abbia un posto nelle descrizioni/interpretazioni del mondo.
    il fatto che una descrizione sia possibile – sempre da un punto di vista estremamente kantiano, quasi schopenaueriano addirittura – non vuol dire necessariamente che la natura degli enti corrisponda a questa descrizione, ma essa può essere in teoria benissimo una interpretazione non del tutto vera o anche per niente vera!
     
    ciò osservato, se io inciampo su di un sasso, il fatto che il sasso sia stato posto lì per farmi inciampare è una possibilità che è logicamente lecito prendere in considerazione, ma che potrebbe anche essere solo una mia interpretazione della storia del sasso!!!!!! e comunque, io posso descrivere la posizione e la storia del sasso anche prescindendo dalla causa finale.

    ma il fatto che io sia consapevole di questa possibilità vuol dire che nella mente umana la causa finale esiste, che l'uomo si comprende (anche) in relazione a fini, che per descrivere la mente umana non si può prescindere dalla causa finale (per il sasso invece sì e magari anche per tutto il resto).
     
    allora il finalismo è una cagata pazzesca? non del tutto, perché la mente umana non è solo il soggetto che descrive il mondo ma è anch'essa un ente del mondo, un oggetto della descrizione!
    la domanda quindi è:
    è possibile descrivere la mente umana (intelletto, volontà) restando in un paradigma deterministico e meccanicistico?
    è un tema già presente nelle antinomie della ragion pura di kantiana memoria e al quale, alla luce delle evidenze delle neuroscienze, e in particolare della confutazione dell'I.A. forte ad opera di Searle, mi sembra di poter rispondere di no, quantomeno non allo stato attuale delle conoscenze, anche se le argomentazioni mi paiono alquanto definitive, e vi sfido a provare il contrario.
     
    questo non ''dimostra'' il finalismo (stiamo discutendo di paradigmi, non di teorie falsificabili!), ma lo rende più esplicativo del paradigma alternativo basato su caso e necessità, che non è capace (e io dico anzi: non può essere capace) di descrivere la mente umana
    (poi il finalismo mi sembra oggettivamente più esplicativo  anche per altre ragioni, tra cui un'interpretazione cristiana della storia, ecc.)
     
    in subordine, per inciso, e a margine, anche a prescindere da questa maggiore capacità esplicativa, la possibilità del finalismo sarebbe comunque – ma in questo caso soltanto da un punto di vista morale ed esistenziale – da prendere in considerazione prioritariamente ai fini pratici (etsi Deus daretur) per il ragionamento della scommessa di Pascal, cioè perché chiama in gioco la possibilità della mia felicità.
    senza il riferimento a un eventuale fine ultimo non soltanto la mia vita e la mia storia resta a me stesso incomprensibile, ma mi precludo la possibilità di conseguire un fine di cui non conosco certamente la conseguibilità, ma neppure la inconseguibilità!
    bart1

    (e pure ho riscritto daccapo tutto il post….)
     

  31. @—>Bart 
    "…. che per descrivere la mente umana non si può prescindere dalla causa finale (per il sasso invece sì e magari anche per tutto il resto)."
    Ma non ti accorgi che questa tua conclusione è del tutto …. "sconclusionata" rispetto al complesso del discorso? Ossia, non v'è alcun elemento di necessità tra la tua "l'uomo si comprende (anche) in relazione a fini" e l'inferenza che ne trai ("non si può prescindere"), che è del tutto arbitraria.
    "questo non ''dimostra'' il finalismo": ecco, qui finalmente fai un'affermazione corretta
    "ma lo rende più esplicativo del paradigma alternativo basato su caso e necessità, che non è capace (e io dico anzi: non può essere capace) di descrivere la mente umana" qui, al contrario, ricadi nell'apodittico, traendo delle conclusioni che non sono affatto supportate efficacemente da quanto illustri in precedenza. Ossia, non lo sono per un lettore attento. Per te, probabilmente sì.

    Infine, nessuno ha mai asserito che il finalismo sia una cagata pazzesca. E' una "weltanschauung" che ha piena dignità d'esistenza nel dibattito filosofico ed epistemologico e rappresenta l'unica autentica religiosità concepibile di cui si possa tuttora discutere. Cagate pazzeste sono le varie mitologie con cui le varie religioni  pretendono di tradurre tale finalismo in un complesso organizzato di regole di culto.

     

  32. PS
    "Cagate pazzesche sono le varie mitologie con cui le varie religioni  pretendono di tradurre tale finalismo in un complesso organizzato di regole di culto"……
    del tipo "se usi il preservativo, sarai dannato in eterno". Queste sono vere e proprie offese all'altrui intelligenza, che fanno incazzare i razionalisti come se uno gli stesse sputando in un occhio o dicendo puttana alla madre.

  33. PS  II
    Quella di Blasio Pascal è la più monumentale apologia dell'ipocrisia cristiana che mai possa esser stata pronunciata ed  è proprio grazie ad essa che personaggi come Zichichi (http://www.vialattea.net/odifreddi/zichichi2.htm) si sono creati una posizione di tutto rispetto nella nostra società.
    Se fossi uno dei vari  dei cristiani, e dunque esistessi, brucerei chi pratica quel principio nel più terrificante e mostruoso degli inferni.

  34. @lector
    avrei voluto parlare appunto di Zichichi e delle sue " zichicche " ( v.Odifreddi e Tranfo ) ma vale la pena perdere tempo ?

    Ciao

  35. @ asmenos:

    credo che bart1 con finalità intenda qualcosa di molto simile all'entelecheia aristotelica. Correggetemi pure se ho intuito male.
    Filopaolo

  36. @ bart1:

    "la causa finale…(la usiamo per descrivere le cose)…"

    e chi l'ha detto che una descrizione debba per forza includere la finalità della cosa descritta? Io posso descrivere un maglione come rosso senza pormi il problema della finalità del maglione.

    "per descrivere la mente umana non si può prescindere dalla causa finale (per il sasso invece sì…)"

    la differenza ontologica che tu poni fra il sasso e la mente umana riguardo al possesso della finalità da parte della seconda e non del primo resta tutta da dimostrare.

    E mi fermo qui con le considerazioni perché la macedonia che fai dopo mischiando meccanicismo, determinismo, kantismo, neuroscienze, popperismo, searleismo ecc. ecc. richiede ben altro che un commento di poche righe in un blog.
    Filopaolo

  37. Credo abbia proprio ragione Filopaolo.
    Proviamo a rinfrescarci un po' la memoria con Wikipedia:

    "Il termine entelechia (pr.: entelechìa) è stato coniato da Aristotele per designare la sua particolare concezione filosofica di una realtà che ha iscritta in se stessa la meta finale verso cui tende ad evolversi. È infatti composto dai vocaboli en + telos, che in greco significano "dentro" e "scopo", a significare una sorta di "finalità interiore".

    Aristotele parlò di entelechia in contrapposizione alla teoria platonica delle idee, per indicare come ogni ente si sviluppi a partire da una causa finale interna ad esso, e non da ragioni ideali esterne come affermava invece Platone che le situava nel cielo iperuranio. Entelechia è quindi la tensione di un organismo a realizzare se stesso secondo leggi proprie, passando dalla potenza all'atto.

    È noto infatti come, secondo Aristotele, il divenire si possa considerare pienamente spiegato quando se ne individuino le sue quattro cause: Causa Materiale, Causa Formale, Causa Efficiente e Causa Finale. Per designare il compimento del fine Aristotele usò appunto il termine entelechia che indica lo stato di perfezione, di qualcosa che ha raggiunto il suo fine".

  38. e chi l'ha detto che una descrizione debba per forza includere la finalità della cosa descritta?
     
    hai qualche problema con i quantificatori logici………
     
     
    resta l'invito a tentare una descrizione anche solo plausibile – in un paradigma meccanicistico e deterministico – in virtù della quale da un processo fisico possa emergere un ente personale.
    tale manifesta impossibilità non ''dimostra'' che la persona esiste in ordine a un fine (e quindi che è possibile che anche tutto il resto abbia un fine mediante essa), ma indica che solo a partire da questa assunzione la mente umana è descrivibile
      
    bart1

  39. "meccanicistico e deterministico"
    Guarda Bart, già "deterministico" è detto a sproposito, perché il determinismo ha molti tratti comuni con il finalismo.
    Secondo te, solo a partire da un'assunzione finalistica la mente umana sarebbe descrivibile? Te l'ho già detto: il tuo limite è quello di non essere capace d'uscire da una visione antropocentrica dell'universo, che condiziona ogni tuo ragionamento. Prova solo a pensare che l'essere umano si estingua come si sono estinti i dinosauri, mentre l'universo continua tranquillamente i suoi cicli, e tutti le tue belle proposizioni vanno di colpo a farsi benedire.

  40. @ bart1

    lo so, è dura da accettare ma devi fartene una ragione: non c'è alcuna prova che tu sia un essere necessario; sei al mondo per caso; se tu non fossi esistito saremmo andati avanti benissimo anche senza di te. Non sei al mondo perché qualcuno lassù ti ama e ha voluto che tu ci fossi per forza. ( ovviamente questo discorso vale per tutti noi; non la prendere come un'offesa personale)
    Filopaolo

  41. il tuo limite è quello di non essere capace d'uscire da una visione antropocentrica dell'universo, che condiziona ogni tuo ragionamento.

    sono convinto che sia un limite dell'umana ragione quella di non poter prescindere dalle categorie della logica, che condizionano ogni umano ragionamento. è bene rendersi conto di questo e non pretendere "dimostrazioni" di sorta per accettare un paradigma finalista né al contrario ritenere di possedere ''dimostrazioni'' contro di esso.
    in secondo luogo è bene anche prendere coscienza del fatto che alcuni paradigmi consentono di descrivere più cose di altri, e che possono essere ritenuti preferibili sulla base di tale criterio

    Secondo te, solo a partire da un'assunzione finalistica la mente umana sarebbe descrivibile?
    ti invito a descrivere la capacità di coscienza in un'ottica riduzionista. potresti vincere un nobel…

    p.s. ovviamente non ritengo affatto di essere l'essere necessario (che è uno solo)

    bart1

     

  42. @—>Bart
    "né al contrario ritenere di possedere ''dimostrazioni'' contro di esso."
    Infatti, nessuno ritiene di avere alcuna "dimostrazione" contro di esso. Sia gli assunti in favore che quelli contro sono del tutto indimostrabili. Ed è proprio per questo che, come ti ho già sottolineato, a mio modestissimo avviso, reputo la fede nel finalismo  l'unica forma di pensiero religioso logicamente ammissibile ed è sempre per questo che di essa accetto volentieri di discutere.

  43. "ti invito a descrivere la capacità di coscienza in un'ottica riduzionista. potresti vincere un nobel…"

    Molto più sensato un naturale riduzionismo,che postulare finalità esistenti solo nella mente umana.
    E dire che l'incubo del finalismo sembrava esser svanito dopo secoli di scienza e filosofia…Già Ockham (Quodilibeta,IV) si faceva beffe della causa finale…

  44. Carissimo,se il nobel non attende me,figuriamoci se attende chi nel 2010 parla ancora di cause finali e pubblicizza Adnan Oktar…

    Au revoir!

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