LA VERA STORIA DI BABBO NATALE

papanatale
Quale comportamento assumereste di fronte a un bimbo che vi racconti di come Babbo Natale gli abbia portato dei bellissimi doni, di come sia sceso di notte dal comignolo, di come invece porti il carbone a tutti quelli che sono stati cattivi?

Quale comportamento assumereste di fronte a uno che vi racconti di come un vecchio con la barba bianca si sentisse così solo che un giorno pensò di crearsi un po’ di compagnia e dunque sputò per terra e plasmò dal fango un pupazzetto con cui divertirsi e giocare assieme; che poi quel pupazzetto e la sua pupazzetta, assieme a un serpente cattivo cattivo,  lo fecero arrabbiare per colpa di una mela e lui, indispettito, li cacciò di casa; che, poi, quel signore con la barba bianca, magari un po’ pentito di come aveva trattato i pupazzetti, decise di fare un figlio uguale a quel pupazzetto e di mandarlo in mezzo ai pupazzetti che poi lo avrebbero crocifisso perché così i pupazzetti sarebbero stati liberi e felici e sarebbe venuto il giorno in cui tutti i pupazzetti sarebbero andati da quel signore con la barba bianca e assieme a lui avrebbero cantato inni di gioia per tutti i secoli dei secoli?

A un credente va il mio rispetto in quanto essere umano, non in quanto credente. Posso compiacerlo, così come farei con un bimbo che mi raccontasse di Babbo Natale, ma non certo mettermi al suo stesso livello: non sarei naturale.

Verrà inevitabilmente il giorno in cui quel bimbo crescerà e si renderà conto che quella di Babbo Natale era solo una bella storia, che i suoi genitori gli avevano raccontato per farlo sognare felice. Quel giorno verrà anche per lui, come è già venuto per tutti coloro che non sono più bambini. Basta solo attendere.

48 Risposte a “LA VERA STORIA DI BABBO NATALE”

  1. mi comporterei in modo differente.. 

    il bimbo mi sta solo dicendo come e perche’ ha ricevuto un regalo…

    chi invece mi fornisce dati di tipo religioso, mi sta offrendo la possibilita’ di esplorare e coltivare cio’ che per l’essere umano e’ irrinunciabile, ovvero l’interesse alla trascendenza..

    se ho fame e cercare del cibo mi sembra, per qualche motivo, un’impresa disperata, lo cerco lo stesso….  non e’ che faccio un ragionamento arguto su quanto sia improbabile la sua esistenza o reperibilita’ e poi digiuno….

  2. Eh, no, mio caro. Ti sta dicendo anche chi, secondo lui, glielo ha portato; cioé, sta dando una spiegazione (la spiegazione che gli hanno raccontato) in merito a qualcosa che non comprende. Come puoi vedere, la similitudine è perfettamente calzante e difficilmente confutabile, a meno di rischiosissimi mirror climbing.    

  3. Ovvero il bimbo chiede e si informa, dimostrando così di essere intelligente e curioso. E chiede ai genitori, ovvero a coloro in cui ha fiducia e che alla fine gli sveleranno la verità.
    Oppure va al polo nord e verifica.
    Così l’essere umano cerca e fa domande a chi gli ispira fiducia e che gli svelerà la verità o quantomeno gli indica una strada.
    Oppure, comunque chiede e si informa. Ovvero cerca, smonta il giocattolo per vedere come funziona .
    E’ più intelligente chi cerca o chi pensa di avere già trovato?
    E’ più intelligente cristallizzarsi su proprie credenze o esplorare, interrogarsi?
    In conclusione è intelligente chi si interroga, chi cerca ed è pronto anche a mettere in discussione l’esistenza o meno di babbo natale,  a mio modesto parere.

    Anonimo
    Fatti non foste a vivere come brutti, ma per seguir veline et cubiste, come diceva il sommo ollio (dante)

  4. "E chiede ai genitori, ovvero a coloro in cui ha fiducia e che alla fine gli sveleranno la verità."
    Mentre i preti, la verità, stanno ben attenti a non svelartela ….

  5. lector

    ==Ti sta dicendo anche chi, secondo lui, glielo ha portato==
    concordo..  questo rientra nel "come e perche’" del mio messaggio… 

    ===la similitudine è perfettamente calzante e difficilmente confutabile===
    anche tu stai nel tipo di pensiero che critichi, ovvero quello dei fedeli…  nel senso che ti preoccupi di farti risultare totalmente accettabile cio’ che puoi raggiungere, semmai, come tutte le scienze e competenze, solo attraverso un training. La speculazione da tavolino, l’ateismo e la denigrazione indiscriminata della ricerca spirituale non hanno niente di piu’ evoluto o di piu’ scientifico del fideismo cieco..   anzi….

    ===a meno di rischiosissimi mirror climbing===
    bastava leggere con piu’ attenzione e non ne eri costretto.  😉

    quoto il messaggio di anonimo.. ovvero il superamento sia delle fede religiosa cieca che della fede atea cieca… 

  6. errato..

    per quanto la fede religiosa sia un articolo che non mi interessa (mentre mi interessa la ricerca sperimentale sul piano spirituale…) costituisce un uso della razionalita’ migliore di quello dell’ateismo…   nel senso che anche se si pensa che succeda in automatico a causa del credere fermamente ed artificialmente in qualcosa, almeno si vuole esplorare l’ambito del trascendente..

    l’assenza di ricerca e’ sempre peggio della ricerca.. anche se quest’ultima e’ portata avanti con sistemi del tutto opinabili

  7. Questo tipo di ricerca è stata giudicata del tutto oziosa anche dalla moderna filosofia, subito dopo l’ultimo colpo di coda rappresentato dal criticismo.
    Comunque, se uno ha tempo da perdere, basta che guardi qualche trasmissione del buon Roberto Giacobbo per ottenere ottimi spunti d’indagine, come ad esempio il Mostro di Loch Ness, il Triangolo delle Bermude, Atlantide, L’Arca dell’Alleanza, il Sacro Graal, la Terra Cava, la Civiltà scomparsa di Mu, lo Yeti, lo Chupacabras, il  Sasquatch, lo Zed ….

  8. ==Questo tipo di ricerca è stata giudicata del tutto oziosa anche dalla moderna filosofia==
    potrei darti molte risposte..  quella che scelgo e’: "esiste forse un vaticano della filosofia che ci impone di non prendere piu’ in considerazione gli argomenti che loro hanno scartato?"
    Questo sarebbe il tuo affrancarti dall’approccio religioso/fideistico?  Oltre a questo non esiste solo il piccolo ambiente europeo o eurocentrico dove chi vi appartiene crede di fare e disfare le sorti del mondo.. 
    Per cui molto piu’ semplicemente, tu, stando qui’ ad occuparti di temi che trascendono le necessita’ del quotidiano, mostri interesse per la trascendenza..  se non te ne occupi dal di dentro ti reprimi..  semplice e chiaro… e probabilmente inconfutabile

    ===per ottenere ottimi spunti d’indagine, come ad esempio il Mostro di Loch Ness===
    sono certamente spunti di indagine ma sono indagini che non mi interessa fare e che non mi risultano irrinunciabili.
    Oltre a questo io sono intervenuto in questo tema perche’ e’ tu che l’hai proposto e che lo proponi sistematicamente e di continuo…  non e’ che sono venuto io a proporti qualcosa che non ti interessa..

    dai…  non alimentare il mio ego facendomi credere che e’ difficilissimo mettermi in discussione..   😀

    ti abbraccio!!!

  9. andare in giro apposta a cercare gli atei per rompergli le scatole mi sembra un po’ troppo..  partecipo al tuo blog perche’ ti ho conosciuto nella frequentazione di quelli di isvari e red…

    posso partecipare se a te sinceramente preme ascoltare come la penso su un qualche tema…  

  10. @–>Yaso
    A due, il dialogo rischia di diventare parecchio monotono: tu sai come la penso io e viceversa. Con il contributo di qualcun altro, gli orizzonti si ampliano ….

  11. ciao kefos..  rispondo volentieri alla tua richiesta.. 

    "Ciao innanzitutto.
    A me interessa che ne so… vogliamo parlare di un dio ?"

    prima di parlare di "un Dio" io parlerei del riconoscere prima il nostro bisogno di esplorazione del trascendente..

    se uno questo bisogno lo riconosce, allora gli si possono proporre anche dati dottrinali, perche’?, perche’ chi vuole tentare un’evoluzione spirituale, sempre che lo spirito esista, vorra’ anche portare avanti uno stile di vita…  una pratica…  un training….

    diversamente si tratterebbe di proporre una fede cieca, ovvero il credere in un Dio cosi’ o cosa’, ma poi fare ben pochi passi avanti..

    e lo dico in spirito ortodosso con la mia via spirituale.. 

    ovvero…  detta in maniera tecnica…

    i Veda affermano che il vero essere umano, degno di questo nome, si chiede prima di tutto:

    "perche’ soffro?"

    il passo successivo e’ arguire:

    "soffro perche’ sto cercando di essere felice soddisfacendo esclusivamente i bisogni di cio’ che non sono.. ovvero il sistema corpo/mente"

    a questo punto il famoso aforisma:

    "atato brahma jijnasa"  ovvero, letteralmente, "da subito mi voglio occupare sistematicamente di spiritualita’"

    per cui un discorso serio dovrebbe nascere da questo… ovvero dall’esigenza di sperimentare con la vita, con un’intensificazione dell’etica, con la meditazione, con la dedizione..  una via sperimentale di evoluzione e conoscenza..

    la fede "statica" equivale di per se all’ateismo.. 

    per darti un’anticipazione anche del piatto che mi hai chiesto di assaggiare, ho trovato desiderabile da cercare il Dio della cultura vedica..  ovvero qualcuno che mi ha fatto eterno come Lui, legato con Lui da una relazione di amore e non di riverenza o sudditanza, che mi ha lasciato libero di sperimentare il mondo della sua lontananza, non che mi ha messo a soffrire qui’ per suo proposito, che non considera alcun mio errore come irrimediabile gettandomi all’inferno, che mi lascia vivo in questo mondo fino a che non vorro’ tornare da Lui, che vive la relazione con me mettendosi magari al mio pari o anche al mio servizio… e che fa il "Dio", ovvero il Super Carabiniere come attivita’ marginale …

    ritengo che Dio, se esiste, sia uno..  non ritengo che, per esempio, la bibbia o il vangelo.. o anche il corano si riferiscano necessariamente a Qualcuno di differente, ma che ne abbiano accentuato,  essendo forse vie esclusiviste e competitive, il lato, per me marginale, del comando e della potenza…

    nel senso che se voglio litigare con te, ho piacere a dirti che ho uno grosso grosso che mi da una mano…

    🙂

  12. @ yasodanandana

    Da come ti sei presentato/a avevo timore ad " affrontarti "…( ma non avrei comunque iununciato ) !

    Cerco di risponderti, seppur in " disordine sparso ":

    "prima di parlare di "un Dio" io parlerei del riconoscere prima il nostro bisogno di esplorazione del trascendente.."

    Adesso mi spieghi come fai a dire che un essere vivente " ha bisogno di esplorare il trascendente " ?

    I bisogni di un essere vivente sono procacciarsi cibo, quindi sopravvivere e moltiplicarsi, per via dell’istinto sessuale …

    La ricerca del " trascendente " non esiste finché non viene
    " inventata e trasmessa " attraverso minacce di futuri danni
    ( quest’ultimi anch’essi trascendentali  ) !

    " i Veda affermano che il vero essere umano, degno di questo nome, si chiede prima di tutto:

    "perche’ soffro?"

    Peccato che l’essere umano non si chieda anche
    " perché sono felice "?

     "" nel senso che se voglio litigare con te, ho piacere a dirti che ho uno grosso grosso che mi da una mano…""

    E che vuol dire ? Non posso affrontarti perché sei
    "  raccomandato/a??  ( Mafia docet )

    Dai, fai il serio.
    Per Favore, non farmi ridere….altrimenti debbo per forza considerarti alla stregua di un ciarlatano.

    Oohps… forse sono l’unico che ti ha considerato/a degno/a di una risposta !!

    Che pollo !!

    Comunque, ciao

  13. ===Adesso mi spieghi come fai a dire che un essere vivente " ha bisogno di esplorare il trascendente " ?==
    lo dimostra il fatto che sei qui’ a discutere di fatti che trascendono i bisogni animali primari.. ovvero mangiare, dormire, accoppiarsi, ripararsi.
    Stai intervenendo su splinder, gratis, su un tema che esula del tutto dal semplice bisogno di sopravvivere..  non sembri assolutamente uno al quale interessa solo soddisfare esigenze vitali di base.
    Questo non vuol dire che siamo spirito o che lo spirito esiste relamente..  vuol dire che per noi e’ irrinunciabile la ricerca sistematica dello stesso…  e, fra l’altro, non penso che un’esortazione alla ricerca possa essere accolta in modo ostile..  mentre non ci troverei niente di male se uno fosse ostile all’assumere fedi, anche io ne sono del tutto refrattario…

    ====La ricerca del " trascendente " non esiste finché non viene
    " inventata e trasmessa " attraverso minacce di futuri danni
    ( quest’ultimi anch’essi trascendentali  ) !=====
    stai bruciando le tappe..  nel senso che se stai discutendo cosi’ approfonditamente di questi temi vuol dire che dimostri di esserne coinvolto, vedi sopra..  quindi se vuoi scoprire veramente come stanno le cose non puoi farlo in modo fideistico come fanno i fanatici religiosi, ma devi farlo in modo accurato e sistematico.
    C’e’ sicuramente la possibilita’ che il trascendente sia una bufala, che la possibilita’ della sua esistenza sia minima..  ma non si puo’ prescindere dall’occuparsene accuratamente, quindi facciamolo invece di emettere dogmi a favore o contro…

    ===Peccato che l’essere umano non si chieda anche
    " perché sono felice "?====
    parlare in questo mondo di felicita’ e’ quanto mai azzardato..  in ogni caso non e’ la felicita’ che ci crea problemi, ma la sofferenza.
    Per cui ok, possiamo anche domandarci da dove arrivano gli sporadici sprazzi di "non-dolore" che ogni tanto viviamo, ma c’e’ anche da capire perche’ con tutto il mazzo che ci facciamo, singolarmente o collettivamente, per offrire a noi stessi vite felici ed armoniose, invece siamo pieni di problemi…

    ===E che vuol dire ?==
    rileggi bene.. la frase non e’ un sentimento che provo io ma una spiegazione del perche’ esiste gente che predilige un approccio religioso dove il Supremo e’ prevalentemente autoritario

    meglio se leggiamo i messaggi altrui integralmente e con piu’ attenzione..

    ti abbraccio!  🙂

  14. @  yasodanandana

    Mi dispiace, sicuramente non sono all’all’altezza, per seguirti…
    Per me stai parlando della solita e ben nota " aria fritta ", materia di studio di tutti i teologi ( eminentissimi o meno )….accessibile a pochi eletti…
    … non son degno…

  15. Dico la mia su questo bel post di lectorinfabula… mi piace perchè evidenzia una cosa "sacrosanta", che spesso passa in sordina, oppure mi sembra che ultimamente ci sia una forma di "educazione di linguaggio", ma soltanto esteriore che non permette più di dire quello che qui emerge, una cosa molto semplice e cioè che "non tutte le argomentazioni possono avere pari dignità". A molti sembrerà una cosa ovvia, ma a tanti altri una forma di bestemmia. Invece è un dato di fatto che va ribadito sempre, con forza e convinzione. L’ho scritto molte volte, ma spesso sento  pseudo-parafrasare Voltaire (uccidendolo per una seconda volta), riportando il suo pensiero in maniera atroce, c’è chi dice infatti "non condivido la tua opinione, ma la rispetto", dicendo una cosa abominevole a mio avviso. Io riconosco solo il diritto di parola, ma se uno dice una scemenza evidente io non posso, rispettarla o far finta di rispettarla ma, al contrario, la avversero’ con tutte le mie forze fino a che saro’ in condizione di farlo. 
    Ciao a tutti, e buona giornata!

  16. Come diceva il buon Confucio, "Se ti fermi a parlare con un cretino, i cretini diventano due".
    Qui non si vuole arrivare ad attribuire l’epiteto di cretino a tutti i credenti, ma solo quello d’ingenui – come nel caso dei bambini – o in mala fede, come i furfanti che presiedono le gerarchie gestrici del culto o coloro che si dicono credenti solo per profittare dei vantaggi economici, politici e di carriera che tale atteggiamento spesso comporta.

  17. @ lectorinfabula

    " Come diceva il buon Confucio, "Se ti fermi a parlare con un cretino, i cretini diventano due".

    ‘azz! Non ti facevo così… solforico !

    Comunque sembra proprio che cretino derivi da crétin  a sua volta derivante da chrétien ( cristiano )

    Ciao

  18. ciao a tutti.
     
    (e per cominciare in particolare a lectorinfabula, che da parecchio tempo non saluto direttamente  ).

    il post mi ha fatto riflettere (soprattutto per la ragione evidenziata da statolaico), ma mi ha colpito anche la discussione che ne è seguita.
    tra i commenti, trovo in particolare bellissimo lo stile comunicativo di yasodanandana.

    yasodanandana usa il concetto di "trascendenza" in modo evidentemente metaforico (anche se poi, come spesso succede, la metafora che usa gli balza sulle spalle, ed è lei che comincia a usare lui).

    l’obiezione di kefos93 alla nozione di "trascendenza"  mira quindi, da un certo punto di vista, a un falso bersaglio. anche se tocca di fatto il tema fondamentale della dialettica spirituale (quello tra la presunta originarietà del bisogno e le forme storicamente e culturalmente determinate di espressione che sole permettono a questo "bisogno" di dirsi, di manifestarsi e immediatamente lo annientano nella natura "originaria" della sua tensione – in realtà ognuno di questi termini è estremamente discutibile, ma ora non vorrei soffermarmi su questo).

    yasodanandana individua con correttezza l’esistenza di un bisogno (in realtà una serie di bisogni, intimamente contraddittori, spesso solo abbozzati, informi, ibridi, ambigui) di quello che altri chiamano "sacro" (e che lui qui chiama "trascendenza", e altri ancora "dio", o "dèi", "verità ultima" etc.). e ha peraltro la percezione chiara della possibile illusorietà di molti dei tentativi offerti storicamente per riuscire a tenere sotto controllo questi bisogni.

    a me questo sembra un punto decisivo. mi sembra chiaro (dal punto di vista psicologico, antropologico, etc.) che questi bisogni ("bisogno") esistono, che esista una domanda (una serie di "domande", in realtà – con le caratteristiche di eterogeneità menzionate poco fa). La principale ragione ("spirituale" – naturalmente su altri piani ve ne sono innumerevoli altre) per cui trovo inaccettabili le religioni è la loro pretesa di fornire una risposta (una serie di risposte) a quelle domande. E non soltanto perché le risposte siano infantili, o rozze oppure cerebrali e intellettualistiche, e neppure (in un senso più profondo) perché in realtà offrano "soluzioni" che non riducono affatto il livello di assurdità dal quale nasceva il problema (i problemi), ma soprattutto perché fraintendono la natura della domanda.
    le religioni storiche nascono dall’assunzione (implicita o esplicita) che se c’è un bisogno ci dev’essere una risposta. lasciamo perdere ora la questione dell’articolo indeterminativo, e concentriamoci sui sostantivi.
    nacono da questa assunzione e trascurano il fatto che invece esistono bisogni umani per i quali non vi è nessuna soddisfazione possibile. il bisogno di "trascendenza" (come quelli di ubiquità, di atemporalità etc.) è appunto uno di questi bisogni.
    non c’è alcuna possibilità di evitarlo, e neppure di soddisfarlo.
    le soddisfazioni offerte (dalle cosiddette "religioni"), sono come grandi cartoni dipinti che servono a coprire l’abisso di questa impossibilità. e gli esseri umani arrivano a pretendere di percepire il mysterium tremendum et fascinans dentro quei rozzi fondali di parole, concetti, narrazioni, riti, pratiche, o nelle immagini che qualcuno ha dipinto su di loro, mentre quei grandi fondali sono proprio quello che nasconde ai loro occhi l’abisso assoluto in cui si trovano a vivere.

    come nella citazione che musil trae da maeterlinck:  
    "noi togliamo stranamente valore alle cose non appena le pronunciamo. crediamo d’esser scesi sul fondo degli abissi, e quando ne riemergiamo la goccia d’acqua che stilla dalla punta sbiancata delle nostre dita non somiglia più al mare da cui viene. c’illudiamo d’aver scoperto una massa di meravigliosi tesori, e quando torniamo alla luce non abbiamo portato con noi che pietre false e pezzetti di vetro. eppure, nell’oscurità, il tesoro conserva immutato il suo luccichio."

    a yasodanandana vorrei dire che ho provato grande gioia a leggere  le sue riflessioni, non solo (e forse non tanto) per il contenuto, quanto per la purezza con la quale sono state espresse.

    grazie a lectorinfabula per l’ospitalità (e scusate per la lunghezza del commento).

    Giuseppe

  19. Giuseppe, esistono persone che dichiarano di amare Dio veramente, non per modo di dire. Ora, o ci fidiamo, oppure no. Nel primo caso si pone la questione: se una persona ama davvero Dio sarà mica perché nella sua mente esiste un "bug"?
    Non so se la scienza potrà – o vorrà – mai rispondere a questa domanda ma è certo che finché non sapremo con certezza se il vero amore per Dio sia soltanto un mero bug, il concetto di trascendenza assume un valore concreto, oltretutto, dimostrato anche dal fatto che persone innamorate di Dio conducono spontaneamente una vita eccezionale.

    Il Carnefice

  20. scusa, carnefice, ma non hai in realtà riflettuto abbastanza quando hai formulato quella tua strana osservazione.

    credo che, se ci pensi meglio, puoi arrivare facilmente da solo a comprenderne la fragilità e insieme l’irrilevanza.

    tu cerchi di estrarre magicamente una affermazione ontologica pescando a fondo nel cappello a cilindro delle (narrazioni di) esperienze.

    la cosa non funziona, e non solo per la problematicità delle "esperienze" umane e della loro nominazione (usando l’oppotuno vocabolario, ogni emozione – gioia, diappunto, delusione amorosa, ansia etc. – può essere riferita a quelche entità "trascendente", a scelta.
    non funziona soprattutto per una ragione che si mostra molto facilmente con una illustrazione ad absurdum. parafraso il tuo pensiero:

    "esistono persone che dichiarano di amare [la Patria societica; il Piccolo Padre Stalin; il futuro radioso del Socialismo oppure Patria tedesca, il Führer etc.] veramente, non per modo di dire [tanto che arrivano a uccidere e a farsi uccidere e torturare per loro]. Ora, o ci fidiamo, oppure no. Nel primo caso si pone la questione: se una persona ama davvero [la Patria societica; il Piccolo Padre Stalin; il futuro radioso del Socialismo oppure Patria tedesca, il Führer etc.] sarà mica perché nella sua mente esiste un "bug"?
    Non so se la scienza potrà – o vorrà – mai rispondere a questa domanda ma è certo che finché non sapremo con certezza se il vero amore per [la Patria societica; il Piccolo Padre Stalin; il futuro radioso del Socialismo oppure Patria tedesca, il Führer etc.] sia soltanto un mero bug, il concetto di trascendenza assume un valore concreto, oltretutto, dimostrato anche dal fatto che persone innamorate di la Patria societica; il Piccolo Padre Stalin; il futuro radioso del Socialismo oppure Patria tedesca, il Führer etc.] conducono spontaneamente una vita eccezionale."

    Credo che l’esempio storico mostri con chiarezza che la presunta "concretezza" della "trascendenza" (nel senso in cui la intendi tu) non solo non è affatto dimostrata dalla eccezionalità dei comportamenti di chi la accoglie come vera, ma che soprattutto quello che conta – in ogni dimensione di "trascendenza" postulata, e anzi – in senso concettuale più profondo – nella postulazione stessa della nozione di "trascendenza" sia l’ambito del tutto immanente della loro articolazione/distinzione.
    Per questo mi sembra che sia molto meglio non utilizzare affatto il concetto di trascendenza, e che se lo si usa si possa usare solo in senso metaforico (come fa y.).

    Giuseppe

  21. Ohibò, Giuseppe, amare Dio non è come "amare la patria" ma è come amare un figlio. Anzi, di più.
    Se hai un figlio sai di che parlo e conosci l’atteggiamento "pratico" che hai nei suoi riguardi e di nessun altro.
    Il fatto è che avendo un figlio è "naturale" amarlo, mentre risulta difficile da capire l’amore per Dio, per vari motivi (fra l’altro, da una parte di questi nasce il mio quesito del bug mentale).

    Devo aggiungere che questo tanto chiacchierato "amore per Dio" è praticamente sempre usato anche in tutti quei casi (che sono la stragrande maggioranza) in cui la persona "ama" Dio proprio come illustravi tu: esistono milioni e milioni di credenti… Ma persone che amino Dio per davvero sono rarissime, questo è il punto; un po’ come se tutti dicessero che ameranno la propria prole ma poi, ad avere figli, esistano solo dodici ogni cento milioni che li abbiano davvero.

    Il Carnefice

  22. Io continuo a non percepire alcuna differenza sostanziale tra chi afferma di credere in dio e chi dice che gli alieni esistono. Sono entrambe costruzioni mentali prive di riscontri oggettivi e, soprattutto, di effettive interferenze con l’universo immanente.
    Che poi, persone altrimenti intelligentissime, non riescano a liberarsi da questo condizionamento atavico, posso personalmente giustificarlo eseguendo un parallellismo col fatto che pure io – che mi reputo per altri versi oramai uomo maturo – qualche volta cedo alla tentazione di farmi una partita di Supermario assieme a mio figlio, ed ammetto che mi piace e diverte.  Infantilismi del tutto innocenti, fino a che non si pretenda di condizionare pesantemente la vita degli altri, coll’imporre a tutti di giocare a Supermario perché avvicinerebbe a dio. 

  23. lectorinfabula, c’è una certa differenza invece, ma si parla di elucubrazioni teologiche nelle quali non posso entrare. In fin dei conti sono ipotesi simili ad altre ipotesi della mente umana, ovviamente, limitandoci a questo aspetto: nessuno sa se Dio esista o meno.
    Nel sociale, personalmente non mi preoccupo delle schiere di credenti innocui (ripeto: innocui) ma delle schiere di fondamentalisti (difficili da inquadrare se non si conosce a fondo tutto il discorso religioso).

    Ribadisco, comunque, che la differenza sostanziale stia nell’innamoramento: sentimento enorme e ben preciso.
    E rimane la domanda se sia un bug mentale.

    Pertanto, dividerei questa faccenda in tre realtà:
    1) elucubrazione sulle ipotesi dell’esistenza di Dio;
    2) ripercussioni della religione sul sociale;
    3) sentimento di amore (vero) per Dio.
    Altrimenti ci troviamo sempre a fare il solito minestrone.

    Il Carnefice

  24. Carnè, prova a riflettere su cos’è veramente dio nell’immaginario collettivo.
    Si tratta solo della rappresentazione idealizzata del monarca di tipo orientale, che proviene dall’evoluzione del capo-sciamano della tribù dei Cro-Magnon, che proviene dal capo famiglia della cellulla sociale più primitiva, che proviene dal maschio dominante di un piccolo branco di primati.
    Come socialmente e politicamente rifiuti l’idea che, il tuo destino, quello dei tuoi familiari e, in via generale, quello dei tuoi concittadini sia determinato da una monarchia di tipo assolutistico, così non posso credere che, tu, se ti soffermi veramente a decostruire l’icona di dio, possa ancora accettarla.
    Quello che volevo suggerire nel mio post è che siamo soli e che, da uomini adulti, non dobbiamo avere paura del buio.
    Se mai abbiamo avuto un genitore, questi oramai non c’è più da parecchio tempo e perciò non esiste nessuna entità soprannaturale che possa venire a toglierci le castagne dal fuoco. Soprattutto a togliercele gratis.

  25. P.S. Lascio a Giuseppe – se mai gliene venisse voglia – l’arduo compito di trasformare le mie raffazzonate e beduine considerazioni in un costrutto organicamente coerente e filologicamente più accettabile

  26. Ecco, vedi, lectorinfabula, nel tuo ultimo commento descrivi una condizione sociale determinata principalmente dalla mancanza di riflessione pragmatica riguardo un’entità creatrice che possa o non possa esistere. Vorrei farti notare che stai nuovamente mescolando due realtà concettuali diverse. Intendiamoci, nulla di male, però ho idea che rimaniamo nel solito pasticcio, a continuare così.
    In altre parole, fare una discussione teologica su come Dio possa essere è un conto, farne una filosofica se possa esistere o meno è un altro ma, ancora differente, è la discussione riguardo la ripercussione sulla nostra accettazione dell’immagine che ALTRI ci hanno suggerito, inculcato, o forzatamente obbligato, di un Dio creatore, sia cristiano, islamico, ebraico, induista o di altra provenienza, da accettare più o meno supinamente.

    Allora: io posso dire chiaramente che l’immagine di Dio creata nella storia e immessa nel nostro pensiero (e qui mi riferisco, per semplicità, solo agli italiani) abbia un’abbondanza immanente e una carenza trascendente con la conseguenza che il popolino si trova a pregare un dio da temere, piuttosto che – volendolo e, soprattutto, una volta capito – da raggiungere per amore (quell’amore del quale sopra parlavo) e, naturalmente, ovviamente, ci mancherebbe: LIBERI TUTTI.
    Sempre restando nel Vangelo, diciamolo chiaramente: Gesù non impone ma propone, cosa sottilmente – ma grandemente! – differente dall’attuale condizione di convivenza sociale con la religione.

    Voglio altrettanto chiaramente affermare che la riflessione filosofica e teologica è fortemente compromessa dalla mole gigantesca di forza religiosa molto vaticana, molto italiana, molto pressappochista. Voglio dire che la tua repulsione a un dio proposto dalla religione di stato la trovo più che un segnale: è una realtà molto onestamente – da te come da altri – gridata. E non la sento come una voce atea, ma come una voce che chiede quella separazione che Gesù Stesso (ai suoi tempi, in tempi nei quali era ADDIRITTURA impensabile un ragionamento del genere) pose, decretando di restituire a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Oggi, e non da poco tempo comunque, abbiamo una storica e tremenda mescolanza fra ciò che è religione e ciò che è stato, fra ciò che è Dio e ciò che è Cesare.
    Capiamoci: di fronte a sconfinate bande di mentecatti di basso, medio e alto ceto, io dico: ma ben venisse la religione a dargli una regolata! Ma magari! Tuttavia, queste sono mie considerazioni più che altro moralistiche (non ho timore a invocare questo aggettivo); ma devo mettere bene in chiaro che questa mescolanza impropria (ripeto: NON voluta dal Maestro) è una delle fonti del male, del disagio, dell’intollerabile essere poco missionari e molto predicatori che, secondo me, sta facendo un inutile, ulteriore, solito e immarcescibile casino.

    Per chiudere, credo sarebbe opportuno che la chiesa facesse le operazioni descritte bene da Dio Gesù Cristo: andate e PARLATENE, branco di merdine cianotiche. Perché se state nelle canoniche e non vi confrontate con la gente, come potreste mai mettere sul campo una discussione teologica? Come potreste fronteggiare un discorso filosofico? o semplicemente laico? o soltanto descrivere cosa sia l’amore per Dio?
    E poi, ancora, comunque: LIBERI TUTTI!
    Credo che condividere un livello culturale un po’ più altino non farebbe male a nessuno; senza, per cortesia, lasciare sul tavolo gli opuscoletti religiosi della minchia.
    Credo che una discussione serena su argomenti ANCHE, in prima battuta, ritenibili assurdi, non farebbe male; ovviamente evitando di coinvolgere chi di contadinosi(*) sia affetto.
    Credo che sentire la voce diretta, vera e e concreta di chi sia DAVVERO innamorato di Dio potrebbe far capire che alcuni vivono una realtà che non fa male a nessuno. Anzi.
    E credo, concedimelo, che se "la politica" (giusto per far sfiatare un po’ d’ira verso il potere deficiente e tanto bisognoso di cure) fosse più piegata alle regole dell’amatevi gli uni gli altri potrebbe governare molto, ma molto meglio anche un’intera nazione di soli atei.

    Riguardo poi al fatto di essere adulti e soli, non ci metterei la mano sul fuoco: adulti? Mhhh… Soli? Può darsi. Ma non sarà soltanto la scienza o l’educazione civica a salvare l’umanità. Perché l’umanità ha un cervello che, quanto più adulto, tanto più saprà guardare anche nel proprio cuore. Poi, concordo: certamente non sarà un’operazione gratuita, ma proprio perché il libero arbitrio prevede sempre – qualsiasi direzione prendiamo – lo spendersi.
    Ma mi pare che oggi come oggi più che una mano sul cuore, una sulla zappa e la mente verso il futuro, con il cuore sempre, felicemente in gola, abbiamo piuttosto una mano nel portafoglio e una sul telecomando.
    Il cuore e il cervello? Beh, in frigorifero. Ah, ovviamente, sulla tacca del congelamento a manetta: tanto, qualcuno, domani, ci penserà e vivrà.

    (*) contadinite: forma acuta e sporadica di cretineria solitamente accompagnata da discorsi tipici dei contadini di cent’anni fa (Es.: "Ma guardati te!" o "Ma pensa a quello che fai te!" "E’ arrivato quello!" e simili) per resistere malamente a un discorso troppo difficile da fronteggiare.
    Contadinosi: forma cronica di cretineria che mostra una carenza, o più solitamente impossibilità, al ragionamento; accompagnata da atteggiamento di sufficienza ("So tutto io") e intolleranza verso qualsiasi forma di discussione proficua; ben riscontrabile in dibattiti perlopiù televisivi ove siano chiamati a fare numero cosiddetti "opinionisti" generalmente avvezzi all’interruzione, la smorfia, la mandata all’inferno e altre amenità tipiche dei mentecatti raccomandati.

    Il Carnefice

    PS: mi rendo conto della lungaggine ma a quest’ora mi scappava proprio con gusto.

  27. giuseppe

    ===yasodanandana usa il concetto di "trascendenza" in modo evidentemente metaforico ===
    piu’ che altro…  "ampio"…    ovvero come "cio’ che si situa al di la’ dei meri interessi di sopravvivenza"

    ===per cui trovo inaccettabili le religioni è la loro pretesa di fornire una risposta (una serie di risposte) a quelle domande.==
    facendola semplice..   se io ho un bisogno che non posso soddisfare da solo ( se il trascendente esiste, puo’ essere "fornito" solo dal trascendente stesso).. vado da chi ipoteticamente puo’ farlo..  anche se l’impresa puo’ risultarmi disperata.
    Poi si puo’ andare nel particolare del chi, del dove e del come…

    ===se c’è un bisogno ci dev’essere una risposta.==
    urge la soddisfazione del bisogno stesso..  non "risposte"…  

    =====trascurano il fatto che invece esistono bisogni umani per i quali non vi è nessuna soddisfazione possibile==
    hai quindi trasceso il livello dell’opinabile per raggiungere la verita’ assoluta?

    ====a yasodanandana vorrei dire che ho provato grande gioia a leggere  le sue riflessioni, non solo (e forse non tanto) per il contenuto, quanto per la purezza con la quale sono state espresse.==
    semplicita’…     alla quale tu hai saputo rispondere solo con un dogma..

    avanti un altro!

    😉

    (e grazie!)

  28. a carnefice e lectorinfabula

    1)      C. usa un particolare linguaggio per esprimere (alcuni dei) suoi bisogni.
    Lo facciamo tutti, naturalmente. Per forza di cose. Non ci si può esprimere se non utilizzando un codice. Così, in questi stessi commenti usiamo un certo codice, abbastanza artificioso (quello della “lingua italiana standard”), e lo facciamo per comodità, perché ci è stato insegnato fin da bambini, al momento della nostra socializzazione linguistica, ma certo potremmo anche usarne un altro (un’altra “lingua”).
    Per certi aspetti, le formazioni discorsive/ideologiche/rituali che chiamiamo “religioni” funzionano proprio così, come “linguaggi”, nel loro rapporto con l’individuo che le “usa” (ovvero che ne viene “usato”).
    Ma questo è vero non solo sul piano semiotico. Anche dal punto di vista sociologico in genere la religione praticata è quella appresa/assorbita in fase di socializzazione. Anche in questo caso, non è escluso che il singolo individuo possa imparare un altro linguaggio (in termini cristiani si parla in tal caso di “conversione [a un’altra religione]”).
    Il fatto che C., come molte altre persone, non percepisca la radicale arbitrarietà del linguaggio che usa (che lo usa), non significa naturalmente che i “bisogni” (alcuni dei bisogni) che cerca di esprimere impiegando quel lessico povero, storicamente determinato etc. non siano reali, né tantomeno che non siano importanti.
    (Naturalmente sto molto semplificando. La situazione del nesso bisogni/mezzi di espressione è in realtà molto meno lineare. Accanto a fenomeni di torsione del linguaggio religioso per adattarlo a particolari bisogni – da  Thomas Münzer alla Black Theology o a Gutiérrez, dai Catari agli anabattisti, per rimanere in ambito “cristiano” – c’è il fenomeno più importante per cui alcuni bisogni esistono solo come funzioni di quel linguaggio stesso. E infatti, usando un altro linguaggio, si può constare che improvvisamente quei bisogni si dissolvono).
    Su questo piano sarebbe necessario decodificare quel che c. cerca di ex-primere usando nozioni come “dio”, “innamoramento” etc.. Chiederei però a c. di farlo personalmente. Io non conosco la condizione esistenziale che vive, frammenti della quale lui cerca di tradurre in quel particolare sistema di simboli.
     
    2)      Per quanto riguarda i simboli più in particolare, come quello di “dio”, mi sembra che lectorinfabula si sia soffermato su una  soltanto delle sue possibili connotazioni. Per quanto riguarda quella particolare connotazione l’ha fatto certo in modo plausibile, ma il concetto di “dio” (anche prescindendo da altri linguaggi religiosi e persino dagli innumerevoli dialetti del linguaggio cristiano) dispone di una serie molto ampia di aree sfumate di riferimento.
    È anche grazie alla loro grande flessibilità (oltre che indeterminatezza) semantica che i concetti “religiosi” riescono a sembrare plausibili a tante persone.
     
     
    Giuseppe
     
    PS: Nel commento precedente la forma e lo stile erano un po’ trascurati, tanto che in alcuni casi la comprensione risultava difficile. Mi scuso della stesura affrettata.

  29. yasodanandana

    facendola semplice..   se io ho un bisogno che non posso soddisfare da solo ( se il trascendente esiste, puo’ essere "fornito" solo dal trascendente stesso).. vado da chi ipoteticamente puo’ farlo..  anche se l’impresa puo’ risultarmi disperata.
    Poi si puo’ andare nel particolare del chi, del dove e del come…

    Qui c’è una serie impressionante  di confusioni concettuali.

    quello che caratterizza i bisogni religiosi (e se uso "religiosi" faccio riferimento allo stesso tempo ai maya, agli egiziani, agli ebrei antichi e a quelli ellenistici, ai devoti di Durga e di Amateratsu, ai mormoni e agli scandinavi dell’alto medioevo etc.) è l’assenza di una possibilità di soddisfazione non socialmente costruita ai loro bisogni.
    C’è del vero nel tuo "se io ho un bisogno che non posso soddisfare da solo", ma in un senso molto diverso da quello che cerchi di argomentare. L’opposizione rilevante qui non è solo/altro, ma solo/gruppo sociale (ovvero linguaggi, pratiche, tradizioni).
    è vero che i sistemi di pratiche e credenze definite in latino (e lingue derivate) "religioni" cercano di offrire soddisfazione a un bisogno (vale a dire a una serie di bisogni) che non si è in grado di soddisfare da soli.
    Ma non perché ci sia chissà quale dio del sole là fuori che esige sacrifici: tra gli strumenti concettuali che le "religioni" costruiscono/trasmettono c’è appunto anche quello di una dimensione "trascendente". Ed è di questa nozione che poi ammantano elementi sociali (pratiche, riti, speculazioni filosofiche o teologiche, linguaggi etc.).

    Anche l’apparente ragionamento tautologico secondo il quale  "se il trascendente esiste, puo’ essere "fornito" solo dal trascendente stesso"  non è affatto così ovvio come vorrebbe sembrare. Questo pensiero è frutto di una concezione rozza, molto materialistica (camuffata da filosofia, per esempio neoplatonica). In realtà tutta la fenomenologia delle "religioni" di carattere etnografico e di quelle mondiali mostra che il "trascendente" (peraltro concetto appunto storicamente determinato) può essere fornito da una infinità di istanze non trascendenti (anzi, se ci rifletti più a fondo, può essere fornito solo in questo modo, per quel che è la nostra memoria: dal Pentateuco, alla Bhagavadgita, al Corano, alle pratiche he ne hanno preso spunto etc.).

    ===se c’è un bisogno ci dev’essere una risposta.==
    urge la soddisfazione del bisogno stesso..  non "risposte"…  

    Qui chiami semplicemente "soddisfazione" quello che io chiamavo "risposte". Si tratta della stessa cosa.

    =====trascurano il fatto che invece esistono bisogni umani per i quali non vi è nessuna soddisfazione possibile==
    hai quindi trasceso il livello dell’opinabile per raggiungere la verita’ assoluta?

    Perché no?  Ma per tornare a un piano argomentativo: l’osservazione si basa sull’indagine fenomenologica di esperienze di bisogni (tra l’altro, se leggi più attentamente, ne cito anche un paio, con valore esemplificativo …)

    ====a yasodanandana vorrei dire che ho provato grande gioia a leggere  le sue riflessioni, non solo (e forse non tanto) per il contenuto, quanto per la purezza con la quale sono state espresse.==
    semplicita’…     alla quale tu hai saputo rispondere solo con un dogma..

    Ah, ah, ah: questa del "dogma" è proprio divertente . Adirittura poi "solo con un dogma". Io cerco al contrario di argomentare sempre in modo del tutto comprensibile le mie affermazioni: non le pongo come dogmi.
    Almeno due spiegazioni possibili per la tua osservazione: o stai scherzando, oppure hai letto con grande superficialità (e con molti pregiudizi) quello che ho scritto. Preferirei, naturalmente, che si trattasse della prima ipotesi .

    (e grazie!)
    Di nulla: è stato un piacere

    Giuseppe

  30. O.T. 
    @–>Giuseppe
    Che fine ha fatto il nostro comune amico, quello che chiamavamo "il ladruncolo"?  Se per caso lo senti ancora, digli pure che – se ha piacere – gli trasmetto via PVT i codici d’accesso, di modo che possa tenere una rubrica tutta sua, dove scrivere quando e se ne ha voglia, senza doversi peraltro impegnare nel mantenimento d’un blog. Io ne sarei felicissimo.

  31. Grazie per l’offerta, ma non me la sento in alcun modo di ripetere l’esperienza del blog.
    Neppure approfittando della tua ospitalità.
    Può essere che ogni tanto scriva un commento.
    Ma probabilmente non ho energia per fare questo se non a grandi intervalli di tempo …

    Giuseppe

  32. Veramente, Giuseppe, qui l’unico "bisogno" (se conosco ancora il significato della parola) che esprimerei è di separare gli argomenti (i tre punti nel mio #28). Sempreché sia per voi interessante e accettabile, beninteso.
    Per il resto, il "mio bisogno di un dio" o qualcosa di simile non l’ho mai e in alcun modo espresso in questa serie di commenti, e non vedo necessità, al momento, di iniziare ora.
    Per quanto riguardi le nozioni "dio" e "innamoramento" non posso che ragionarne e parlarne a "livello blog": non sono qui – e non ne sarei nemmeno all’altezza – per partecipare a un simposio ove siano richieste solide basi e il dettaglio faccia la differenza. La mia partecipazione al blog è una questione abbastanza semplice, basata su concetti plateali, goliardici e sentimentaloni, sgrossati con la raspa e colorati come un cartone animato. Io il blog lo approccio più o meno così; eventualmente cerco di seguire sviluppi più approfonditi ma non di rado – data la mia ignoranza generale – mi fermo a un certo punto. In altre parole, tendo a "fare colpo" con roba digeribile facilmente; se colpo fa, bene, altrimenti se ne riparla serenamente e si tenta di proseguire, magari chiedendo lumi.

    Quindi, tento di rispondere alla tue domande. Dio lo intendo come "creatore" (anche se qui si cela una serie di risvolti mica da ridere…) tanto per farla breve; o, comunque, quell’ipotetica entità "al di sopra" che sia amabile da noi umani (magari non da tutti, non so… bug, non bug…). Amore, quindi, innamoramento: beh, qui non so se si possa dire di più che svegliarsi alla mattina e addormentarsi alla sera dopo aver vissuto tutta la giornata con un pensiero di amore (che ti posso dire? di più non so dirti, eventualmente fammi qualche altra domanda).

    Poi, è chiaro che, dividendo gli argomenti come suggerivo, se si inizia una discussione teologica ben presto rimarrò senza argomenti come, d’altra parte, nel caso di una discussione filosofica: non sono abbastanza attrezzato. Ma sicuramente leggerei volentieri un dibattito. Anche sul blog.
    Il blog non impedisce uno spettacolo di altissimo livello o anche superspecialistico; ma non è nemmeno richiesto, quindi, mi adeguerò al decorso. In fin dei conti ho chiesto la divisione secondo quei tre punti da me proposti proprio per poter "leggere" meglio le eventuali considerazioni.

    Il Carnefice

  33. carnefice

    Temo che ci sia un malinteso. Io in realtà non ti avevo chiesto di spiegare il significato lessicale di "dio" o di "innamoramento", nemmeno nel tuo particolare idioletto.

    Parlavo del loro valore di segni, di simboli, di qualcosa "che sta per" qualcos’altro.
    non mi aspetto nemmeno che tu abbia voglia di parlare qui di questi significati profondi. Quando mi riferivo al tuo ruolo personale nella loro interpretazione pensavo a qualcosa che riguardava in primo luogo (e forse anche in ultima istanza) solo te.

    Dal punto di vista di un osservatore (e lettore e ascoltatore) esterno sono chiare almeno due cose:
    1) che stai facendo uso alcuni strumenti concettuali contingenti ("dio", "innamoramento" etc., come fa yasodanandana col concetto storicamente determinato di "trascendenza") in mancanza di meglio
    2) Ed è poi anche chiaro che quando dici "dio" o "amore per dio" vuoi dire qualcosa di importante –  che viene peraltro immediatamente svilito da questi concetti miserevoli, "umani" (come avrebbe fatto notare Nietzsche).

    Provo a farti un esempio che spero sia semplice e chiaro: immaginati di parlare/chattare/corrispondere con *ch’ak-yum (una specie di equivalente maya classico di "carnefice" http://www.mesoweb.com/resources/vocabulary/English-Maya.html). E’ chiaro che quello che lui ti racconterà del suo rapporto con gli dèi (al netto della semplice ripetizione pappagalesca di quello che ha appreso durante la sua socializzazione religiosa, che qui immaginiamo relativamente scarso – perché *ch’ak-yum è una persona onesta e che ha reali e forti bisogni metafisici) non ti sta dicendo granché sugli effettivi presunti bisogni di sangue del presunto dio sole ma ti sta dicendo qualcosa di importante che riguarda lui stesso e la società in cui vive.

    Ecco, io a questa dimensione, a questo significato importante facevo riferimento. Allo stesso modo credo che nemmeno tu sapresti molto che fartene di eventuali spiegazioni puramente lessicali di *ch’ak-yum circa il termine "dio sole" o quello di "dipendenza filiale dalla sua forza". Il punto qui non sono i giochi di parole (anche se le "religioni" come istituzioni, come offerte simboliche, concettuali, liturgiche, ma anche speculative, sono soprattutto questo – anzi meglio, alla Wittgenstein, sono una serie enormemente complicata di "giochi lingustici" vicendevolmente intrecciati). Il punto è quello che *ch’ak-yum cerca di dire, di esprimere (di importante, di personale o sociale) usando quel rozzo vocabolario di dèi e di sangue (che è il principale, se non l’unico, di cui dispone per esprimere i propri "bisogni metafisici" [Schopenhauer]).

    Per evitare ulteriori malintesi ti pregherei di rileggere con maggiore attenzione quanto ho scritto, nel caso in cui alla prima lettura ti sfuggisse qualcosa. Grazie.

    g.

  34. Son contento della tua pazienza, Giuseppe, ma che vuoi che ti dica… per me la divinità è qualcosa di avvicinabile ma incomprensibile. Amabile ma inconcepibile. Una cosa così, fuori da qualsiasi schema "umano". Mi spingo in un misero paragone: immagina un bambino di sette anni, poi immaginalo a tredici, nel momento in cui si prende la prima cotta. E’ una botta micidiale, una novità assoluta, una cosa inspiegabile ma vissuta talmente potentemente che tutto il suo essere ruota intorno alla cotta. Questo è normale, tutti ci siamo passati e lo assumiamo come parte della natura umana. Al limite non rimane altro che indagare scientificamente per dare risposte a eventuali domande sulle cause che generano questo effetto.
    Detto questo, ho qualche difficoltà a capire la tua domanda. Mi spiego: se mi chiedi quale valore io dia a Dio, posso dire che ha un valore solo se me ne innamoro (e comunque ha un bel valore anche se io non ne sia innamorato ma vedo qualcuno che lo sia perdutamente); quindi, vedo Dio non come la risposta a un’esigenza, ma una possibilità. Un po’ come avere da mangiare ma scoprire che esiste il dessert. In fin dei conti, se esiste un "dio buono" dovrebbe anche saper fare i conti con il cuore di chi si dichiari ateo: ho qualche difficoltà a credere che Dio aspetti che l’uomo si avvicini a Lui tramite quel libero arbitrio fortemente compromesso dall’educazione (peggio: col terno al lotto di nascere qui o là), o che lo mandi in Paradiso o all’Inferno per questo o quel motivo (sempre profondamente dipendente dal fattore sociale che indirizza, nel bene e nel male, la persona). Secondo me la cosa è un po’ più semplice, interiore e "solida", se di un "dio buono e giusto" parliamo.
    Se invece mi chiedi come io inquadri Dio e il Suo (eventuale) operato, beh, qui mi trovo sovente di fronte a un dio talmente ??? che probabilmente non sa nemmeno lui di esistere (questa ipotesi porta a una sorta di "automatrix" ove IO sono dio e l’universo è un mio sogno).
    Se invece mi chiedi "cosa" potrebbe essere il "creatore" una delle risposte che più mi affascinano è che siamo creati solo per la generazione di sentimenti. E bon.

    Tutto sommato, io credo che la divinità vista come un mero appagamento all’esigenza umana di "stare bene" soffre di un gretto pilastro (dico io: purtroppo) riportato in tutte le religioni: "Stai con me e non soffrirai più". Belìn, scusa, ma chissenefrega? Il problema della sofferenza è una condizione talmente fisica che l’immagine di un dio soccorritore mi dà una tale sensazione di opportunismo che mi cade tutto il discorso trascendentale.
    Non posso disconoscere, tuttavia, che il soccorso di dio esista, come speranza; e, a un livello di ragionamento relativamente basso, non posso che "assolvere" coloro che pregano immaginando ancora che nella infinita bontà divina (eh, bisogna dirla così, visto che c’è gente che ci crede) ci sia risposta a questo problema grazie a un rapporto più stretto fra uomo e divinità. Contenti loro, contenta la divinità, contenti tutti. Dico davvero.
    Anche perché l’argomento dio è talmente sconosciuto e ricco di possibilità che non mi pare il caso di fare le pulci a chi stia davvero male e invochi un aiutino da Colui che può… lasciamo stare.
    Piuttosto, se di azioni parliamo, abbraccio molto quello che dice Gesù: "Se aveste fede quanto questo granello… spostereste quella montagna". Io credo che, anche qui, non sia una questione di esigenze, ma della consapevolezza totale di vivere con un collaboratore al quale dici "Fai un po’ ‘sta cosa, va’…". E lui la fa.
    Ma qui finiamo presto nel campo miracolistico e la vedo grigia.

    Il Carnefice

    PS: ti assicuro che leggo e rileggo prima di rispondere; spero tu abbia (ancora) pazienza capendo che, purtroppo, non posso assicurare di capire sempre chiaramente il pensiero altrui.

  35. Carnefice, poiché fondalmentalmente sono un riduzionista, puoi tranquillamente tacciarmi di rozzo materialismo.
    Concepisco l’innamoramento umano – e il corteggiamento animale, in genere – solo come la reazione, programmata dall’evoluzione, a una serie di stimoli visivi, olfattivi e tattili, per pure finalità riproduttive.
    Per questo m’è estremamente difficoltoso il comprendere come ci si possa "innamorare" di qualcosa che esiste solo nella nostra mente (molto spesso per induzione).  La trovo semplicemente una perversione dello stimolo procreativo, come lo sono il feticismo o il sadomasochismo.
    Per altri versi, credo tuttavia che il tuo argomentare ben si adatti a ciò che intendevo dire nell’ultima parte di questo mio vecchio post.

  36. lectorinfabula, non c’è problema. E’ una questione di aver vissuto una faccenda strana, e conservare la lucidità di capire se sia accettabile o meno. In fin dei conti tendiamo a posare tranquillamente il nostro pensare su un letto sicuro e affidabile e ciò non è giudicabile altro, per come la vedo io, come una sorta di stanchezza, di noia, di fronte alle ciarlatanterie che ci circondano. Quindi, per quanto mi riguardi: degno, e più che lecito.
    Ma per chi abbia voglia (non di credere a occhi chiusi) di tirare la leva dello scambio e su un tracciato diverso vedere quale paesaggio si presenti, così, da osservatori, può succedere che dall’osservazione si passi all’analisi, alla compartecipazione e, chissà, al lavoro.
    Sono pezzetti di vita che da qualche parte porteranno e qualcuno deve pur vivere.
    Io credo che il cervello conservi segreti e sorprese incredibili. Prenderei quindi il discorso divinità come un workbench diverso, con attrezzi e strumenti diversi, con un lavoro diverso – senza perdere mai di vista il resto della nostra vita acquisita in anni e anni di esperienze e pensieri altrui a noi tramandati – con l’entusiasmo della ricerca. Proprio come quella scientifica, ma diversa; ed è qui il bello: la diversità che possiamo percorrere. Chi ce lo vieta? Siamo liberi, stiamo sereni.

    Resta il fatto che quel punto di partenza – almeno, per me – che è il dichiarato innamoramento per la divinità, io lo veda come un ottimo stimolo per tirare la leva e farsi un giro alternativo; un po’ come prendere la Settimana Enigmistica ed evitare di risolvere i soliti problemi cui siamo ormai preparati, ma tentare un nuovo gioco, non necessariamente con il timore di venirne irrimediabilmente compromessi per sempre, ma per semplice curiosità esplorativa. D’altra parte credo si debba tenere sempre presente che la teologia è una cosa, la religione un’altra e l’amore per Dio un’altra ancora.

    Se un dio esiste ed è un "dio buono", può darsi che ci regali momenti di felice trascendenza.
    Oppure no.
    Ma di sicuro – se un dio buono esiste – è pacifico che dipenda da noi tirare la leva dello scambio.

    Il Carnefice

    PS: ho capito che tu concepisci l’amore come sopra lo hai desritto, ma che ci posso fare se altri dicono di essere perdutamente innamorati? O ci credi o trovi argomenti per dichiararli mistificatori.

  37. giuseppe

    ====Qui c’è una serie impressionante  di confusioni concettuali.====
    no caro amico.. non mi sembra.. piuttosto noto che ad un ragionamento razionale e per niente fideistico tu stai rispondendo a forza di dogmi, ovvero di assolutismi i quali sono del tutto fuori posto in uno che vuol negare l’esistenza dell’assoluto..

    ====è vero che i sistemi di pratiche e credenze definite in latino (e lingue derivate) "religioni" cercano di offrire soddisfazione a un bisogno (vale a dire a una serie di bisogni) che non si è in grado di soddisfare da soli.
    Ma non perché ci sia chissà quale dio del sole là fuori che esige sacrifici===
    puo’ darsi ovviamente che non esista niente e nessuno da adorare o verso il quale possa aver senso rendere sacra la nostra vita.. ma come fai ad esserne cosi’ sicuro se non per un’assunzione assolutista e dogmatica?
    Cosa dovremmo fare, tu compreso, reprimere un sano ed irreprimibile desiderio di ricerca perche’ tu hai deciso unilateralmente che essa non puo’ avere sbocchi?

    ===tra gli strumenti concettuali che le "religioni" costruiscono/trasmettono c’è appunto anche quello di una dimensione "trascendente". Ed è di questa nozione che poi ammantano elementi sociali (pratiche, riti, speculazioni filosofiche o teologiche, linguaggi etc.).===
    vedi sopra.. capisco che tu non avendo argomenti cerchi di convincere attraverso l’esprimerti in maniera categorica..  ma non funziona..  come tu probabilmente risulteresti impermeabile ad una presa di posizione fideista in ambito religioso, io risulto impermeabile sia a quella, che ad una proveniente dal versante "ateo"..

    ===Anche l’apparente ragionamento tautologico secondo il quale  "se il trascendente esiste, puo’ essere "fornito" solo dal trascendente stesso"  non è affatto così ovvio come vorrebbe sembrare.==
    invece e’ cosi’ ovvio che tu non hai saputo opporre alcuna obiezione. Il trascendente e’, per definizione, cio’ che e’ al di la’, in un ambito superiore, della dimensione contingente..  per cui, se esiste, puo’ essere raggiunto solo grazie all’offrirsi a noi del trascendente stesso..

    ====mostra che il "trascendente" (peraltro concetto appunto storicamente determinato) può essere fornito da una infinità di istanze non trascendenti===
    questo e’ cio’ che deriva dalla tua interpretazione "partigiana", che non e’ necessariamente la realta’.
    E’ come se un macellaio vedesse dei chirurghi armeggiare con i bisturi intorno al corpo di un ammalato e, vista la similitudine con il suo mestiere in certi atti di taglio, decidesse che questi stanno macellando il paziente.
    Per cui.. gli atti posti in essere nei riti o nell’etica di vita di uno spiritualista, possono essere identificati categoricamente come "non trascendenti" se si intende dare per forza un’interpretazione non trascendente della religiosita’.
    Ribadisco.. magari hai pure ragione, ma e’ sano arrivarci per mezzo di una ricerca condotta in modo serio..  non per assunzione di dogmi..

    ===Qui chiami semplicemente "soddisfazione" quello che io chiamavo "risposte". Si tratta della stessa cosa.==
    assolutamente no…  tu sei vittima, da ateo dogmatico, del dogmatismo cattolico il quale identifica come un raggiungimento di successo il fideismo esasperato di chi assume, per sentimentalismo o per speculazione filosofica, delle convinzioni e crede, avendolo fatto, di essere "arrivato".
    Un vero ricercatore, del sacro, di Dio, del trascendente, e’ soddisfatto quando raggiunge i suoi obbiettivi, non quando si inventa una qualche convinzione sul fatto che sono reali o meno.. Per cui le "risposte" poco interessano, ma interessano i raggiungimenti…

    ===Perché no?===
    perche’ se ti poni come assetato di assoluti, di certezze.. addirittura come qualcuno che non riesce ad argomentare se non sostenendosi con dogmi auto assunti, non puoi poi negare il bisogno del trascendente e di una sua ricerca sistematica.
    Praticamente mi trovo a discutere con uno che afferma di odiare la nutella, mentre simultaneamente ne ingerisce a cucchiaiate..

    ====le mie affermazioni: non le pongo come dogmi.=====
    non penso di essere cosi’ potente dialetticamente da farti nascere il bisogno di introdurre trucchi e fraintendimenti ad arte..  
    Il fatto che tu mi dica che cio’ che dici posso permettermi di non accettarlo come realmente assoluto e’ del tutto lapalissiano…  rimane il fatto che gli argomenti che porti consistono in dogmi autoassunti.
    Il senso che non e’ che mi sento oppresso dal tuo dogmatismo, anzi, il fatto che tu risponda semplicemente con credenze, mi fa capire che cio’ che dico io e’ come minimo sostenuto in modo piu’ valido..
    Per cui il problema e’ tuo…   non mio…   piu’ sei categorico e assolutista, piu’ "dimostri" come valida la mia tesi del bisogno irrinunciabile di una ricerca seria in ambito spirituale..

    ====Almeno due spiegazioni possibili per la tua osservazione: o stai scherzando, oppure hai letto con grande superficialità (e con molti pregiudizi) quello che ho scritto=====
    certo…   chi non la pensa come te e’ cattivo…

    prova a dotarti di vere obiezioni..  ne saro’ felice…  coraggio!!

    🙂

    yasodanandana

  38. yasodanandana

    ====Qui c’è una serie impressionante  di confusioni concettuali.====
    no caro amico.. non mi sembra.. piuttosto noto che ad un ragionamento razionale e per niente fideistico tu stai rispondendo a forza di dogmi, ovvero di assolutismi i quali sono del tutto fuori posto in uno che vuol negare l’esistenza dell’assoluto..

    ciao y.
    faccio un ultimo tentativo per mostrarti che la tua accusa di dogmatismo è infondata (ultimo tentativo perché ti trovo molto impacciato da quelle confusioni a cui facevo riferimento, e che pare superino persino le mie   – e inoltre perché ho dovuto constatare con rammarico che il  tuo modo di argomentare è in realtà molto meno affascinante di quello che mi aveva indotto a riprendere lo strumento del commento…)

    1) circa la constatazione di confusioni concettuali e circa quello che tu autodefinisci "un ragionamento razionale e per niente fideistico" (ovvero il tuo):
    I confusione: assunzione infondata. Tu scrivi "se io ho un bisogno che non posso soddisfare da solo vado da chi ipoteticamente puo’ farlo".
    Rispondo: se tu hai "un bisogno che non puoi soddisfare da solo", hai quel bisogno. punto. poi, sulla base dell’assunzione acritica che spesso, nella vita quotidiana funziona il meccanismo per cui  "se io ho un bisogno che non posso soddisfare da solo vado da chi ipoteticamente puo’ farlo", tu deduci (astrattamente, dogmaticamente) che questo debba valere anche in tutti i casi (o, perlomeno, anche nel caso in questione).
    Invece avevo cercato di mostrarti (del tutto non dogmaticamente, ma con gli strumenti argomentativi dei quali dispongono gli esseri umani) che I.1) esistono una serie di bisogni (per esempio di ubiquità, di atemporalità, di cancellare quanto compiuto etc.) che si caratterizzano per il fatto di essere profondissimi e – contemporaneamente –  impossibili da soddisfare.
    Credere che debba esistere (o comunque esista) un’istanza di soddisfazione per i problemi menzionati è solo un farsi abbagliare da quello che nella tradizione induista si chiama Maya (la Maya delle analogie, in questo caso ), e che noi potremmo definire semplicemente la fallacia che quanto vediamo funzionare in un caso debba funzionare anche in casi che ci sembrano analoghi.
    La confusione concettuale che nutre quel pensiero che hai espresso comprende inoltre I.2 l’assunzione gratuita che I.2.1 si debba andare (=ci si debba rivolgere, presumo) "da chi ipoteticamente puo’ farlo". Questo vale se parli del salumiere, ma l’idea che debba valere per dimensioni che non sono quella del salumiere o del gommista (e neanche del poeta) è del tutto arbitraria. Se non fosse per la grossolana analogia che usi, da dove la prenderesti la convinzione che il tuo sia  "un ragionamento  razionale e per niente fideistico" ? (Bada che questa non è una domanda retorica, ma è una vera domanda. e ti assicuro che non c’è nemmeno acredine, davvero). Se non usassi a) l’analogia grossolana (attenzione: è l’analogia a essere grossolana, non tu)  o b) una qualche indicazione accolta fideisticamente (e poi confrontata con l’esperienza, certo: ma questo vale per tutte le assunzioni fideistiche), la "razionalità" (e neppure la "ragionevolezza") del tuo argomento non ti sembrerebbe più tanto lapalissiana. Inoltre I.2.2 utilizzi come del tutto aproblematico il concetto di "capacità di soddisfare i bisogni" (presumibilmente utilizzando anche in questo caso, senza metterle in discussione, le coordinate che ti offre bell’e pronte "Maya", o le opinioni e i pregiudizi ricevuti durante la tua esplorazione del mondo già fatto nel quale ti trovi).

    II confusione: "se il trascendente esiste, puo’ essere "fornito" solo dal trascendente stesso".

    Qui parli del trascendente come di un ente qualsiasi, un ente mondano per il quale sembrano valere addirittura le categorie di causa/effetto, di "azione" (e allora non si capisce in che senso sarebbe "trascendente"), e addirittura di fornitura della sua natura (per partecipazione?).
    Qui si tratta di confusioni concettuali molto note non solo nella storia delle religioni, ma anche in quella della filosofia.
    II.1 la prima confusione è quella appunto di confondere essere con ente, e trattare (anche nel pensiero, anche speculandoci su) l’essere come se fosse solo un altro ente (più straordinario, più grande magari, ma non qualitativamente differente). E’ una confusione su cui nella filosofia occidentale ha insistito molto Heidegger, ma sulla quale c’è anche tutta una tradizione di filosofia e teologia negativa molto più antica. E poi i tentativi di molti mistici di diverse tradizioni di mettere in discussione la grossolanità di questa operazione di pensiero.
    II.2 E’ curioso che chi formula una proposizione come questa accusi poi altri di "dogmatismo" e "fideismo". Infatti: da dove può venire il sapere che sostanzia quel pensiero? Non dalla ragione. La ragione mi dice solo che "se x esiste, esiste". Non mi dice affatto che "se esiste, allora deve trasmettersi". E questo vale a prescindere dalla peculiare oscurità del concetto di "trascendenza".
    II.3 A te può sembrare "ragionevole e niente affatto fideistica" la tua proposizione, perché usi particolari paradigmi (immagini) per figurarti il meccanismo della relazione con il "trascendente". Di nuovo si tratta di immagini tratte dalla esperienza che Maya ti fornisce in abbondanza, e che tu assumi come strumento di comprensione della realtà.
    In realtà, se non vogliamo usare un atteggiamento mentale "fideistico", non possimao sostenere che il "trascendente" (anche per come lo hai definito tu) possa essere fornito solo dal trascendente stesso (qui mi sembra che trascuri l’esperienza spirituale di molte scuole, cinesi, ma anche indiane. E ti appiattisci su una nozione platonica, o neoplatonica, o cristiana  – forma semplificata di platonismo -, come se non fosse pensabile se non in questi termini ristretti. O peggio (?) usi una immagine del "trascendente" come una sorta di "energia" secondo le concezioni new age).

    Potrei continuare, purtroppo, per pagine e pagine.

    Come vedi la mia affermazione sulle confusioni concettuali non era affatto gratuita, né dogmatica, né fideistica.
    Credo che dovresti essere molto più severo con le idee che ti sembrano troppo ragionevoli, e non accusare avventatamente il tuo interlocutore di quelli che (spero di averti mostrato in modo chiaro) tendono a essere errori nei quali incorri con una certa facilità.

    Dato che mi sforzo di usare il meno possibile strumenti "dogmatici", o "fideistici", mi risulta sempre faticoso argomentare. Devo soppesare ogni affermazione che leggo, valutarla sul piano razionale, sul piano delle esperienze, sul piano della coerenza interna, sul piano delle esperienze tramandate da diverse tradizoni etc. E il lavoro mi richiede molta energia.

    Per questo chiedevo a te e agli altri lettori di leggere in modo non superficiale le mie osservazioni. 

    E per questo mi fermo qui.
    Perché non credo interesserebbe a nessuno leggere pagine e pagine di critiche alle (normali) confusioni concettuali in cui è avvolto un essere umano medio, faticosamente evidenziate da un altro essere umano medio.
    E anche perché temo che, oltre alla mia stanchezza, questo scambio di osservazioni non produrrebbe nulla di rilevante.

    Saluto tutti. Grazie a lectorinfabula per l’ospitalità.

    Giuseppe

  39. giuseppe

    ===faccio un ultimo tentativo per mostrarti che la tua accusa di dogmatismo è infondata==
    per rendere infondata tale "accusa" dovresti pregare chi ci ospita di cancellare tutto cio’ che hai scritto…

    ===se tu hai "un bisogno che non puoi soddisfare da solo", hai quel bisogno. punto==
    bah.. se uno ha un bisogno di solito desidera soddisfarlo, non e’ che il fatto di averlo conclude e completa necessariamente la vicenda.

    ==="se io ho un bisogno che non posso soddisfare da solo vado da chi ipoteticamente puo’ farlo", tu deduci (astrattamente, dogmaticamente) che questo debba valere anche in tutti i casi==
    macche’ dogmaticamente.. e’ un ragionamento..  i bisogni li abbiamo, vogliamo soddisfarli, se non possiamo farlo da soli facciamo ipotesi su chi puo’ darci una mano per farlo.
    Quali sono le tue obiezioni a proposito?

    ===Invece avevo cercato di mostrarti (del tutto non dogmaticamente, ma con gli strumenti argomentativi dei quali dispongono gli esseri umani) che I.1) esistono una serie di bisogni (per esempio di ubiquità, di atemporalità, di cancellare quanto compiuto etc.) che si caratterizzano per il fatto di essere profondissimi e – contemporaneamente –  impossibili da soddisfare.==
    e io ti avevo risposto che non trovo intelligente da parte tua assumere dogmaticamente che il bisogno di "trascendenza" e’ insoddisfacibile.. e che io intendo, per quanto sara’ possibile, verificarne invece la soddisfacibilita’ attraverso la ricerca piuttosto che fare come te e rinunciarvi per assunzione dogmatica.
    Perche’ stiamo ripetendo un dialogo gia’ fatto?

    ===Credere che debba esistere (o comunque esista) un’istanza di soddisfazione per i problemi menzionati è solo un farsi abbagliare da quello che nella tradizione induista si chiama Maya ==
    ancora dogmi e assolutismi?  questa si che e’ maya.. la cultura vedica considera l’uscita da maya iniziata quando qualcuno dice "atato brahma jijnasa..  da subito mi occupo del trascendente". E’ maya, ovvero ignoranza, illusione, letargia, offuscamento, oscurantismo..  quindi, invece, la convinzione per la quale la trascendenza sia un obbiettivo irraggiungibile

    ===ma l’idea che debba valere per===
    chi ti ha detto che la cosa deve essere per forza efficace, ovvero "debba" valere..
    Semplicemente l’esistenza della quale possiamo dire di essere al corrente e’ la nostra e quella altrui..  quindi se ho bisogno di qualcosa e non la ottengo da me stesso, il tentativo successivo e’ quello di cercare di ottenerla da qualcun altro..  semplice e razionale..

    ===o b) una qualche indicazione accolta fideisticamente==
    nessuna fede..   ribadisco..  ho un bisogno che desidero soddisfare, sono impotente nel farlo da solo, mi rivolgo ad altro ipotizzando in questo "altro" la possibilita’ di ottenere soddisfazione.. e poi rischiando sulla mia pelle e facendo verifica dal vivo, dato che come ti ho detto sopra, io parlo di esperire l’assoluto, non di farsene una forte fede per poi trovarcisi dopo la morte.
    Forse e’ per questo che provi a controbattermi cosi’ debolmente, perche’ sei attrezzato per confutare i fedeli ma non i ricercatori..

    ===Qui parli del trascendente come di un ente qualsiasi, un ente mondano per il quale sembrano valere addirittura le categorie di causa/effetto, di "azione" (e allora non si capisce in che senso sarebbe "trascendente")==
    per quale assunzione dogmatica il trascendente dovrebbe funzionare al contrario dell’immanente? non sarebbe piu’ intelligente tentare di scoprirlo attraverso la ricerca piuttosto che farne un dogma?
    Trascendere vuol dire essere al di la’ dell’egoismo, della morte, della distruzione..  per cui "trascendente" puo’ e dovrebbe descrivere, senza problema concettuale alcuno, qualcuno e qualcosa che vuole esercitare un aiuto nei miei confronti. Anzi.. un eventuale "soprannaturale" immobile, impassibile, non dinamico, non partecipativo non mi apparirebbe trascendente per niente.
    Quindi, a logica, ribadisco..  io, te e tutti abbiamo bisogno di vivere la trascendenza, l’assoluto..  non possiamo darceli da soli..  e’ lapalissiano arguire che bisogna farsi aiutare, se esiste, dal trascendente stesso sperimentando con la nostra ricerca la possibilita’ che "esso" abbia lasciato "links", "ponti", "appigli" da accogliere per andarvi

    ===E’ curioso che chi formula una proposizione come questa accusi poi altri di "dogmatismo" e "fideismo". Infatti: da dove può venire il sapere che sostanzia quel pensiero? Non dalla ragione. La ragione mi dice solo che "se x esiste, esiste". Non mi dice affatto che "se esiste, allora deve trasmettersi".==
    stai cercando di ottenere la ragione provando a farmi esprimere sicurezze che non ho espresso..  Io ho parlato solamente di esigenze irrinunciabili e di chi, ipoteticamente, dovrebbe poterle soddisfare.. e del fatto di doverlo doverosamente verificare attraverso sperimentazione e ricerca.
    Per cui .. stai discutendo con qualcuno di tua invenzione….  andiamo avanti..

    ===A te può sembrare "ragionevole e niente affatto fideistica" la tua proposizione, perché usi particolari paradigmi (immagini) per figurarti il meccanismo della relazione con il "trascendente".==
    se cio’ che dico non fosse ragionevole.. mi diresti perche’…  invece per ora hai fatto, malamente, solo il processo alle mie intenzioni..

    ===Potrei continuare, purtroppo, per pagine e pagine.==
    sarebbe fatica sprecata…  dato che le obiezioni per ora da te fatte non mi riguardano e non riguardano cio’ che io ho affermato

    ===Come vedi la mia affermazione sulle confusioni concettuali non era affatto gratuita, né dogmatica, né fideistica.==
    e invece ancora una volta ti ho mostrato il tuo fideismo e dogmatismo.. probabilmente non mi hai nemmeno letto bene ma hai risposto con qualcosa che forse ti ha "funzionato" bene in altri casi…  che non corrispondono al "mio"..

    coraggio..

    ti abbraccio…    😉

    grazie per il bel dialogo..

  40. Ciao Giuseppe.
    Grazie di cuore a te per gli interventi, come sempre superlativi. Spero proprio  di poterti risentire presto: ci conto!

  41. P.S.
    Giuseppe, sei troppo profondo e non te ne accorgi: gli altri non riescono a confrontarsi al tuo stesso livello – nonostante le tue ripetute preghiere di leggere con molta attenzione ciò che scrivi – ed è per questo che cercano d’uscire dall’empasse che involontariamente provochi nei tuoi interlocutori, mitragliandoti contro  tautologie, aporie, affermazioni apodittiche ed evidenti antinomie. Metti gli avversari (dialettici) con le spalle al muro e non offri loro vie d’uscita onorevoli: von Clausewitz non approverebbe la tua tattica . Mi dispiace, perché alla fine ti comporti come il grande scacchista che getta via la scacchiera con un gesto di stizza, di fronte all’imperizia altrui. 
    Agendo così, privi chi ha solo il piacere di ascoltare – senza voler a tutti i costi dire la sua, pur non avendone i mezzi – della possibilità d’accedere all’originalità del tuo pensiero e, di conseguenza, lo condanni a nutrirsi esclusivamente della  mediocrità del quotidiano.

  42. =======Metti gli avversari (dialettici) con le spalle al muro e non offri loro vie d’uscita===
    capisco la partigianeria..  ma scommetto che se ti chiedo di spiegarmi dove e come cio’ e’ successo, la faccenda ti risulta molto complicata..

    nel senso che io non e’ che gli ho dato di dogmatico e poi sono stato zitto..  gli ho dato di dogmatico e pure un bel po’ di spiegazioni sul perche’ cio’ che dice lui non mi funziona…

    fra l’altro, ribadisco, non e’ bello vedere che esiste gente che cerca ogni pretesto possibile per mostrarsi contraria alla ricerca (al fideismo sarei contrario pure io), come se questa vita potesse essere impiegata in qualcosa di piu’ valido…

    yaso…

    un abbraccio a tutti!  dogmatici, partigiani e non!

    🙂

  43. Questo è il blog: parlare e non sempre capirsi.
    Yasoda sicuramente qualche ragione ce l’ha ma mi pare che sia in forte conflitto con il ragionare di "possibilità" mentre Giuseppe, forse, non ha avuto possibilità – con Yasoda – di fare un passettino alla volta.

    Da parte mia spero che Giuseppe sia soddisfatto della mia risposta alla sua domanda. Nell’attesa di una sua ribattuta che mi tolga dal dubbio, lo saluto trascendentalmente nel caso la sua ricomparsa dovesse posticiparsi troppo.

    Il Carnefice

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