LA "SQUOLA" ITALIANA

cochi e renato
Penso sia doveroso spezzare una lancia in favore della scuola italiana, che non è poi così male come tutti sono portati a credere, specialmente se raffrontata con le scuole estere. Vero è che, soprattutto negli ultimi lustri, le nostre istituzioni scolastiche sono state riformate più a misura di docente che d’alunno, per effetto dello stesso fenomeno che ha portato a strutturare le ASL in conformità alle esigenze del personale paramedico e medico, più che del paziente; l’Alitalia a misura di piloti, assistenti e controllori più che dei passeggeri; e così via.
Avendo studiato sia in Italia che all’estero posso dire, con una certa cognizione di causa, che il livello medio di preparazione generale fornito dalla nostra scuola è senz’altro preferibile a quello di istituzioni estere ben più note ed accreditate. Ho visto aspiranti medici statunitensi fuggire da Padova, perché università troppo al di sopra della loro voglia di studiare. Il Politecnico di Torino non ha nulla da invidiare al MIT, a parte i fondi per la ricerca. Atenei di orientamento economico, come Harvard e Oxford, debbono gran parte del loro successo al fatto di essere frequentati dall’elite del mondo; chi vi accede, ha la concreta possibilità di entrare in contatto con un rampollo dei Kennedy o il figlio di Hu Jintao e queste sono cose che nella vita contano molto più che il pezzo di carta.
Il grande difetto della scuola italiana è di essere troppo eclettica e poco specialistica. Il nostro studente medio (quello che ha voglia di studiare, s’intende: conditio sine qua non) acquisisce un’impostazione più dirigenziale che esecutiva. Ciò è dovuto al carattere generalista degli studi effettuati. Si può dire che i nostri studenti sono preparati più per comandare che per obbedire.E questo spiega il loro successo quando se la sentono di affrontare il rischio di lavorare all’estero, ma anche il perché da noi un buon idraulico può guadagnare 200.000 euro l'anno, mentre molti bravissimi ingegneri appena 30.000.

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