LA RESURREZIONE FA L'UOMO LADRO

vangelo di giuda

Propongo di seguito la lettura d’un testo apologetico che, sotto la parvente bonaria plausibilità discorsiva, cela una tale marea di sciocchezze che qualsiasi osservatore dotato d’un minimo senso critico e d’un pizzico di curiosità per la verifica puo’ facilmente intuire.

Prima d’iniziare la lettura dell’articolo e la sua successiva decostruzione, voglio che vi soffermiate  per un attimo a riflettere su quanto danno possa procurare a dei fanciulli, privi di difese e facili prede di così esperti millantatori, la somministrazione senza possibilità d’alcun confronto critico di simili cialtronerie.

Pensateci, prima di acconsentite a cuor leggero che ragazzini delle elementari o delle medie inferiori seguano l’ora scolastica di religione, o prima di mandarli al catechismo in parrocchia, perché tanto "così fan tutti".

 

Gesù è davvero risorto? Breve indagine sulla risurrezione

Prove certe ed inoppugnabili della risurrezione di Gesù non ne abbiamo (1). La conferma delle conferme, quella definitiva, può giungerci solo da quello slancio profondo che è la fede (2). Dopotutto, se la risurrezione di Gesù fosse inconfutabile sul piano storico, il cristianesimo stesso non avrebbe ragion d’essere, e la fede di chi crede senza aver visto, così incoraggiata dai vangeli, non avrebbe alcun senso (3). Tuttavia, v’è una consistente mole di indizi che propende a farci ipotizzare che sì, forse l’evento più straordinario della storia dell’umanità possa davvero aver avuto luogo(4). Ma andiamo con ordine e analizziamo, punto per punto, tutte la varie domande e le diverse ipotesi che uno scettico, ma anche un semplice curioso, non può non vagliare.

 Anzitutto, quando avrebbe avuto luogo la risurrezione? Un’attenta analisi di tutti i riferimenti storici in nostro possesso, evangelici e non, ci porta a datare la scoperta del sepolcro vuoto la mattina del 9 aprile dell’anno 30 d.C. (5). Possibile che la risurrezione di Gesù sia solo un mito, un racconto tramandato ma senza il minimo fondamento storico? Improbabile. Soprattutto, la tesi mitologica pare non reggere all’oggettiva rapidità con la quale si è formato il Nuovo Testamento: il “credo” stilato da uno dei primi apostoli, che include la risurrezione (1 Corinzi 15:3-9), secondo molti studiosi sarebbe stato scritto al massimo 7 anni dopo la morte di Gesù (6). Inoltre non esistono, in tutta la storia, altri esempi di miti sviluppatisi in presenza di testimoni oculari. Addirittura, Gesù, una volta vinta la morte, sarebbe apparso a 500 persone in una sola volta (1 Corinzi 15:6) (7).

D’accordo – può direi uno scettico – ma queste sono le verità dei vangeli canonici e del Nuovo Testamento. Esistono vangeli apocrifi che offrono versioni alternative di Gesù, della sua personalità e, più in generale, della sua vita. Con buona pace di Dan Brown e compagni, i vangeli canonici hanno un radicato fondamento storico. Ora, sappiamo che la credibilità di un documento storico si basa in particolare sull’antichità e sulla numerosità delle sue copie (8). Per capirci, l’autore latino di cui abbiamo più documenti è Orazio con 250 codici (copie dei suoi scritti). Ebbene, dei vangeli canonici, quattro testi che totalizzano 64327 parole greche, disponiamo di 5300 codici, alcuni dei quali cronologicamente vicinissimi ai fatti narrati, per non parlare dei frammenti. Si pensi, su tutti, al Papiro P. 7 Q 5, risalente al 50 d.C. e attribuito a Marco (9). Quell’antichissimo frammento papiraceo conferma la veridicità delle testimonianze di Papia di Gerapoli e Clemente d’Alessandria, i quali affermavano che Marco aveva scritto il suo vangelo su richiesta dei romani, dopo che questi avevano ascoltato la predicazione di Pietro, all’inizio del regno di Claudio, nell’anno 42 d.C.

“Per quanto concerne il già citato Papiro P. 7 Q 5 merita di essere aperta una parentesi sulla sua scoperta. Tutto ebbe inizio nel 1972 quando padre Josè O’ Callaghan SJ, studioso spagnolo dell’Istituto biblico di Roma, pubblicò i risultati delle sue ricerche su alcuni dei 19 frammenti di papiro in lingua greca ritrovati nella gratta n.7 di Qumran (Cfr. “Biblica”, LIII, 1972, pp. 91-100), risultati che, in consonanza con quanto concluso poi anche dall’autorevole papirologo britannico Colin H. Roberts, facevano risalire il P. 7 Q 5 a non oltre il 50 d.C. Si trattava di un vero e proprio terremoto per gli studi sulla datazione dei vangeli, che volevano questi testi distanti di svariati decenni rispetto alle vicende narrate. Prova ne fu che la scoperta di padre Josè O’ Callaghan, per acquisire l’attenzione che meritava e per uscire dalla stretta cerchia degli addetti ai lavori, dovette attendere quasi vent’anni, vale a dire fino all’ottobre del 1991 quando, in un Simposio sull’argomento organizzato in Germania presso l’Università Cattolica di Eichstätt, che vide la partecipazione di esperti di fama mondiale quali Herbert Hunger e Harald Riesenfeld, le tesi del papirologo ispanico furono finalmente giudicate serie e attendibili(10).

Fa una certa impressione constatare come le maggiori obiezioni a questa rivoluzione, vennero proprio da esponenti del mondo cattolico, basti pensare allo scetticismo espresso, a quel tempo, da luminari come Gianfranco Ravasi e padre Pierre Grelot (11); in particolare va ricordato come quest’ultimo pubblicò per i tipi della Libreria Editrice Vaticana (1989) un libro molto critico contro Jean Carmignac, colpevole anch’esso di sottoscrivere la nuova datazione dei vangeli. Paradossalmente, a sposare le tesi di padre Josè O’ Callaghan e di Carmignac furono invece, ironia della sorte, studiosi protestanti: John A.T. Robinson e Carsten Peter Theide, giusto per fare due nomi (12).

Tornando ai vangeli e alle numerosissime copie di cui siamo in possesso, va ricordato che i 5300 manoscritti del Nuovo Testamento, pur essendo sparsi e conservati in varie località, hanno migliaia di versetti assolutamente identici. Questo lascia ragionevolmente supporre che risalgano tutti da poche fonti originali. Al contrario, i vangeli apocrifi, così in voga oggi, oltre ad essere poco numerosi (13) (sono circa un centinaio) e diversissimi, sono per lo più scritti ma soprattutto pensati in greco (in quelli canonici è evidente un substrato aramaizzante, attestato con evidenza da almeno 26 parole) e talvolta sono tra loro confusi quando non contraddittori. In alcuni di loro, ad esempio, oltre a raccontare miracoli di Gesù ben più stupefacenti di quelli narrati nei vangeli canonici, si fa delle figure della Vergine Maria e di Maria Maddalena lo stesso personaggio, in altri, addirittura, si omette la crocifissione!

Non a caso, come dimostra il Canone Muratoriano, già nel 190 d.C. i vangeli canonici erano stati riconosciuti come più veritieri ed attendibili degli altri. Che quelli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni siano testi più importanti di quelli apocrifi è dimostrato anche dal fatto che, mentre tutti i vangeli apocrifi si rifanno più o meno direttamente a quelli canonici, nessun vangelo canonico attinge o suppone un apocrifo (14). Dei 114 detti di Gesù nel vangelo di Tommaso, ad esempio, ben 79 hanno un esplicito riferimento nei sinottici, e 11 non sono che mere varianti delle parabole sinottiche.

A queste considerazioni si può ancora obbiettare affermando che sì, i vangeli canonici saranno pure testi storici e antichissimi, ma possono benissimo raccontare fantasie sulla risurrezione di Gesù, che poi è l’epicentro della nostra breve indagine. Difficile che dietro la narrazione evangelica della risurrezione vi siano intenti menzogneri. Lo dimostra, su tutto, un dato di fatto: le prime a vedere il sepolcro vuoto sarebbero state delle donne. A quel tempo la credibilità delle donne, secondo la prassi socio giuridica ebraica, era assai irrilevante. Chi avesse voluto architettare un racconto fasullo per poi spacciarlo come autentico, mai e poi mai si sarebbe servito di testimonianze femminili (15).  Ce lo rammenta anche lo storico ebreo Giuseppe Flavio, nato sette anni dopo la crocifissione, che nelle sue Antichità Giudaiche ebbe a dire:”le testimonianze di donne non valgono e non sono ascoltate tra noi, a motivo della leggerezza e della sfacciataggine di quel sesso”.

Ricordiamoci anche che i vangeli dedicano davvero ampio spazio alla narrazione delle ultime ore di Gesù. Nel vangelo di Marco – il più antico – ben 107 dei 658 versetti totali, sono dedicati esclusivamente dalla descrizione delle ultime 24 ore dalla vita di Gesù. Ciò non toglie che burloni laicisti come Piergiorgio Odifreddi, mossi da istinti provocatori, si ostinino a dire che la risurrezione “nei Vangeli non c’è” (La Stampa, 1/3/07) (16). Ora, ignoriamo di quali arcani vangeli sia in possesso il nostro Odifreddi, ma – escludendo Giovanni – nei vangeli, della risurrezione, si parla almeno 11 volte (Matteo: 16,21 17,22 20,19 26,32 e 27,63. Marco: 8,31 9,30 10,34 12,96 e Luca: 18,33) e in tutto il Nuovo Testamento i termini indicanti la risurrezione (eghiero e anastasis) ricorrono almeno 100 volte! (17)

Chiusa questa parentesi, un dato che deve far pensare è, infine, la testimonianza storica della fede degli apostoli: possibile che costoro – che erano persone pragmatiche e refrattarie alle suggestioni come sono i pescatori – si siano dati alla predicazione, incuranti persino del martirio, per divulgare una menzogna che loro per primi sapevano tale?(18)  E se il corpo di Gesù fosse stato invece rubato? Di questa ipotesi, ripresa in età moderna dal filosofo amburghese Hermann Samuel Reimarus (1694-1789), si chiacchiera da sempre. Già Petronio, nel 64 d.C., nel suo Satyricon allude con toni ironici a dei creduloni che presero sul serio la resurrezione di un cadavere in realtà trafugato e sostituito, combinazione proprio il terzo giorno, con una persona viva (19). Gli stessi vangeli, a ben vedere, raccontano l’iniziale scetticismo dei fedeli di Gesù dinnanzi all’ipotesi della risurrezione, tanto è vero che la prima ipotesi avanzata da Maria di Màgdala è proprio quella del furto:”Hanno portato via il Signore e non sappiamo dove l’hanno messo!” (Giovanni, 20:2). In Matteo si narra inoltre di come, all’udire la notizia del sepolcro vuoto, i sommi sacerdoti si mobilitarono subito per diffamare i seguaci di Gesù quali ladri delle sue spoglie (20).

La tesi del sepolcro trafugato, appare comunque persino più problematica di quella della risurrezione: chi avrebbe rubato il corpo di Gesù?(21) Quando? Per quale ragione? Risulterebbe francamente fantasioso annoverare i discepoli tra i possibili colpevoli visto e considerato che, come abbiamo detto, per annunciare Cristo e la sua risurrezione costoro arrivano a subire atroci persecuzioni. Altrettanto difficile risulta sospettare di Giuseppe di Arimatea, il notabile proprietario della tomba che pare fosse un sincero ammiratore di Gesù, dal momento che si offrì di custodirne il corpo. Se si considera poi che a sorvegliare il sepolcro pare proprio ci fossero delle guardie (Matteo, 27:62-66) messa lì apposta, si comprende come l’ipotesi che il corpo di Gesù sia stato rubato risponde più ad una rilettura giallesca della storia piuttosto che ad una probabilità concreta. 

Un capitolo a parte, parlando della risurrezione, meriterebbe il discorso sulla Sindone, già definita dall’archeologo Valerio Massimo Manfredi come la più misteriosa reliquia consegnataci dalla storia. Ci limitiamo qui a ricordare che nel 2002 anche il Cicap, infaticabile comitato di scettici e smascheratori di cerchi di grano e cartomanti, ebbe a riconoscere come sia tutt’ora sconosciuta la causa che ha prodotto l’immagine della Sindone (22). Con tutta la tecnologia di cui disponiamo oggi, infatti, non solo non sappiamo riprodurre la Sindone, ma ancora non siamo in grado di dire come si sia formata quell’immagine, che ha già mostrato resistenza a ben 25 solventi da laboratorio. Com’è noto, alcune analisi, poi smentite da altre successive, datarono la Sindone come medievale.

 Se quella fosse davvero una reliquia medievale, comunque, il mistero sarebbe tutt’altro che risolto, ma si accrescerebbe. L’ipotetico falsario medievale della Sindone, infatti, avrebbe dovuto immaginare l’invenzione del microscopio per aggiungere sul telo elementi invisibili a occhio nudo: pollini, terriccio, siero, aromi per la sepoltura, aragonite; avrebbe dovuto conoscere la fotografia, inventata la XIX secolo, perché la Sindone è un’immagine in negativo; avrebbe dovuto saper distinguere tra circolazione venosa e arteriosa, studiata per la prima volta nel 1593, nonché essere in grado di macchiare il lenzuolo in alcuni punti con sangue uscito durante la vita e in altri con sangue post-mortale, rispettando inoltre, nella realizzazione delle colature ematiche, la legge di gravità, scoperta nel 1666. Insomma, il falsario della Sindone avrebbe dovuto essere un gigante della scienza, un genio assoluto; un genio del quale, stranamente, non si ha la benché minima traccia storica. Alla luce di questi elementi Giulio Fanti, docente di Misure Meccaniche e Termiche presso il dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università di Padova, ha concluso che “secondo i calcoli matematici è più probabile che al gioco della roulette esca lo stesso numero per 52 volte consecutive piuttosto che la Sindone non sia autentica”. Gli fa eco, con parole suggestive, la studiosa Emanuela Marinelli:”la Sindone è un documento sconvolgente: se è autentica, è frutto di un amore sovrumano; se non è autentica, è frutto di un genio sovrumano” (23).

 Le ipotesi e gli interrogativi qui presi in esame non hanno certo la pretesa di metter fine ad un mistero, quello di Gesù, che da millenni calamita le attenzioni di studiosi, filosofi, ma anche di persone qualunque. Se il nazareno che quasi venti secoli dopo la propria scomparsa può contare due miliardi di fedeli, abbia effettivamente vinto la morte, non lo si può dire. Di fatto, non lo si può escludere. La storia, cui solitamente ci si appella per far luce sugli eventi ritenuti inspiegabili, in questo caso sembra lei stessa interpellarci con un quesito immenso, che non ci è concesso dribblare: chi era davvero Gesù? Jean Cau, scrittore nonché ex segretario di Sartre, facendo i conti con questa domanda, ha scritto: “Fra lo zero del dubbio e l’infinito della fede, io so che Gesù Cristo è per me, ma a quale distanza? Ogni giorno, caro Padre, io la misuro. E la ringrazio di avermi posto questa domanda”.

 

Di Giuliano Guzzo su "Libertà e persona" del 07/04/2009 

 

DECOSTRUZIONE

 

(1) Prove certe ed inoppugnabili della risurrezione di Gesù non ne abbiamo

Per l’esattezza, non vi è proprio alcuna prova, solo  racconti  e neppure molto originali, come dimostra il ritrovamento d’una tavoletta datata all’incirca un secolo prima di Cristo, che riporta la storia d’un messia che sarebbe morto e poi risorto dopo tre giorni. Altri precedenti analoghi, si ritrovano in numerosi culti misterici pre-cristiani, come quelli Orfici,  di Mitra, di Iside, di Dioniso, ecc.

 

(2) La conferma delle conferme, quella definitiva, può giungerci solo da quello slancio profondo che è la fede.

Provate a raccontarlo in tribunale: “Signor giudice, è la mia fede a dirmi che non è lui l’assassino. Mi creda, il fatto che avesse la pistola ancora fumante in mano non è che una pura casualità!”

 

(3) Dopotutto, se la risurrezione di Gesù fosse inconfutabile sul piano storico, il cristianesimo stesso non avrebbe ragion d’essere, e la fede di chi crede senza aver visto, così incoraggiata dai vangeli, non avrebbe alcun senso

Traduzione: la nicchia ecologica di qualsiasi religione, si ritrova nell’irrazionalità. Ad affermare qualcosa di logico e razionale ed essere creduti, son bravi tutti. Ma una balla raccontata duemila anni fa, capace ancora di circuire almeno un  miliardo di persone, mica è uno scherzo.

 

(4)Tuttavia, v’è una consistente mole di indizi che propende a farci ipotizzare che sì, forse l’evento più straordinario della storia dell’umanità possa davvero aver avuto luogo

La consistente mole d’indizi, in realtà non è altro che un minuscolo insieme di scritti, tra loro autoreferenziali e peraltro contradditori nella narrazione degli eventi.

 

(5) Un’attenta analisi di tutti i riferimenti storici in nostro possesso, ci porta a datare la scoperta del sepolcro vuoto la mattina del 9 aprile dell’anno 30 d.C.

Non è neppure certa la data di nascita di Gesù, in relazione ai riferimenti storici conosciuti e citati nei Vangeli, che sono tra loro in contraddizione; figuriamoci la morte. Secondo la tradizione, se la morte di Cristo avvenne, fu sicuramente di venerdì, nella settimana della Pasqua ebraica (Pesah o Passaggio, inglese Passover). La data di quella Pasqua pertanto è tutt’altro che sicura; al mattino del venerdì, secondo Giovanni, i Giudei non vollero entrare nel pretorio di Pilato per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Quindi essa non era ancora stata festeggiata. Inoltre lo stesso Giovanni parla del giorno successivo come di un giorno solenne, senza però dire che fosse Pasqua. L’ultima cena, avvenuta di giovedì, fu da molti identificata con una cena pasquale, infatti i sinottici parlano di una sala preparata per poter mangiare la Pasqua. In ogni caso la tradizione più forte è quella che identifica quella Pasqua con il sabato immediatamente successivo alla morte di Cristo. E’ inutile sottolineare che di essa non sappiamo l’anno e per conseguenza neppure il mese. Le date più gettonate sono il sabato 8-4-30, il sabato 5-4-33 e il sabato 29-3-28.

 

(6) il “credo” stilato da uno dei primi apostoli, che include la risurrezione (1 Corinzi 15:3-9), secondo molti studiosi sarebbe stato scritto al massimo 7 anni dopo la morte di Gesù

“uno dei primi apostoli”, sarebbe Paolo, che non conobbe mai Gesù e non fu pertanto “apostolo”. La prima lettera ai Corinzi, viene generalmente datata tra il 54 e il 55 d.C., quindi ventidue anni dopo la data presunta di morte del Cristo.

 

(7) non esistono, in tutta la storia, altri esempi di miti sviluppatisi in presenza di testimoni oculari. Addirittura, Gesù, una volta vinta la morte, sarebbe apparso a 500 persone in una sola volta (1 Corinzi 15:6)

Secondo questa singolare e curiosa teoria, dovremmo perciò credere agli Ufo in base ai medesimi presupposti. Inoltre e molto stranamente, “un’apparizione tanto imponente, non viene citata da nessun’altra parte” (Karlheinz Deschner).

 

(8) la credibilità di un documento storico si basa in particolare sull’antichità e sulla numerosità delle sue copie

Altra curiosa e singolare teoria, per la quale un documento storico più è antico e presente in un numero cospicuo di copie, più è vero. Ci sfugge il nesso di causalità: fra mille anni, un casuale ritrovamento di mille copie sfuggite al macero delle “Avventure del barone di Munchausen” , ne renderebbe veritiero il contenuto?

 

(9) Ebbene, dei vangeli canonici disponiamo di 5300 codici, alcuni dei quali cronologicamente vicinissimi ai fatti narrati, per non parlare dei frammenti. Si pensi, su tutti, al Papiro P. 7 Q 5, risalente al 50 d.C. e attribuito a Marco

Il più antico manoscritto del Nuovo Testamento sinora ritrovato è conosciuto come Papiro 52. Viene datato attorno al 125 a.d., all’incirca 50 anni dopo la redazione finale del Vangelo di Giovanni, che gli studiosi collocano verso la fine del I secolo d.C. Il frammento a cui si riferisce Giuliano Guzzo è quello denominato 7Q5, cioè il quinto frammento ritrovato nella grotta 7 di Qumran, scritto in greco su papiro. Risultando scritto solo su un lato, doveva trattarsi d’un rotolo e non d’un codice. L’identificazione come Marco 6, 52-53, è stata proposta nel 1972 dal papirologo spagnolo Josè O’Callaghan. Il frammento è sicuramente antecedente al più vecchio manoscritto attribuibile con certezza al NT sinora ritrovato, cioè al P52 di cui si parla nel post, scritto attorno al 125/150 d.C., e ciò viene desunto in via paleografica principalmente dal modo con cui è scritta la lettera “a”. L’identificazione del testo è stata dibattuta soprattutto a colpi d’analisi sticometrica. Le tesi in proposito sono molteplici e piuttosto contrastanti tra loro. La questione più controversa riguarderebbe soprattutto l’identificazione di una “mi” in luogo della “ni” indispensabile per la lettura neotestamentaria proposta da O’Callaghan. Altri studiosi propongono di converso un’identificazione vetero testamentaria, come ad esempio P. Carnet che l’identifica con Esodo 36,10-11. Quindi, che si tratti proprio del Vangelo di Marco è senz’altro affascinante ma ancora tutto da dimostrare.

 

(10) le tesi del papirologo ispanico furono finalmente giudicate serie e attendibili

In realtà, come visto poco sopra, sono tutt’ora oggetto d’un acceso e controverso dibattito.

 

(11) le maggiori obiezioni a questa rivoluzione, vennero proprio da esponenti del mondo cattolico, basti pensare allo scetticismo espresso, a quel tempo, da luminari come Gianfranco Ravasi e padre Pierre Grelot

Perché si tratta, prima che di religiosi, di studiosi seri che permangono tutt’oggi nel loro scetticismo per i motivi anzidetti.

 

(12) a sposare le tesi di padre Josè O’ Callaghan e di Carmignac furono invece, ironia della sorte, studiosi protestanti: John A.T. Robinson e Carsten Peter Theide, giusto per fare due nomi

Perché, i protestanti cosa sono? Musulmani? Buddisti? Adottano forse  i Veda, al posto dei Vangeli?

 

(13) i vangeli apocrifi, oltre ad essere poco numerosi

Dunque, secondo la curiosa tesi dell’autore, essi sono poco veritieri in quanto scarsamente numerosi. Il fatto che, dopo Costantino si procedette da parte delle sette cristiane dominanti, alla sistematica distruzione di tutti gli scritti non conformi all’ortodossia dettata a Nicea, in quanto adottati dai loro concorrenti, non tange minimamente il nostro simpatico autore. Secondo lui, funziona pressappoco così: per rendere più veritieri i miei libri, brucio i tuoi.

 

(14) mentre tutti i vangeli apocrifi si rifanno più o meno direttamente a quelli canonici, nessun vangelo canonico attinge o suppone un apocrifo

I vangeli attingono tutti a un’unica fonte, denominata generalmente Vangelo “Q”, dal tedesco “quelle”, “fonte”, per l’appunto. Esiste un’altra teoria, o teoria delle “due fonti”, che al vangelo “Q” affianca quello di Marco come elemento d’ispirazione agli altri due sinottici. Il caso di Giovanni è del tutto indipendente, trattandosi d’un vangelo d’ispirazione gnostica.

Il canone Muratori, anche qui come altrove troppo spesso indebitamente citato, rappresenta più che altro una elencazione non vincolante di documenti neotestamentari.

 

(15) Difficile che dietro la narrazione evangelica della risurrezione vi siano intenti menzogneri. Lo dimostra, su tutto, un dato di fatto: le prime a vedere il sepolcro vuoto sarebbero state delle donne. A quel tempo la credibilità delle donne, secondo la prassi socio giuridica ebraica, era assai irrilevante. Chi avesse voluto architettare un racconto fasullo per poi spacciarlo come autentico, mai e poi mai si sarebbe servito di testimonianze femminili

Innanzitutto, per prima cosa, bisognerebbe fare chiarezza su chi effettivamente andò al sepolcro quella mattina. Per Matteo, Maria Maddalena e l’altra Maria; nell’interpolazione che chiude il vangelo di Marco, Maria Maddalena, Maria di Giacomo e Salomè; per Luca, Maria Maddalena, Giovanna, Maria di Giacomo e altre; per Giovanni, Maria Maddalena e altre. Una situazione ben confusa, mi pare, per poter essere considerata attendibile.

 

(16) Nel vangelo di Marco – il più antico – ben 107 dei 658 versetti totali, sono dedicati esclusivamente dalla descrizione delle ultime 24 ore dalla vita di Gesù. Ciò non toglie che burloni laicisti come Piergiorgio Odifreddi, mossi da istinti provocatori, si ostinino a dire che la risurrezione “nei Vangeli non c’è” (La Stampa, 1/3/07)

Facciamo rispondere al diretto interessato, Piergiorgio Odifreddi: “Caro Direttore, spero di non abusare della sua pazienza se, ringraziandola per lo spazio che ha già concesso al dibattito sul mio libro Perché non possiamo essere Cristiani (e meno che mai Cattolici), le chiedo di poter brevemente commentare un paio di punti relativi all’intervista di Mario Baudino (1° marzo), e rispondere ad alcune obiezioni dei lettori (3 marzo) e di padre Bianchi (4 marzo). Due punti hanno generato fraintendimenti nell’intervista. Il primo è l’affermazione che «la resurrezione nei Vangeli non c’è». L’Avvenire del 6 marzo mi accusa addirittura di «falso storico», ed elenca 11 passi dei vangeli sinottici che invece ne parlano. Bella scoperta! Io a Baudino ho detto, e lui ha correttamente riportato, che «i protovangeli, cioè quelli più antichi, non ne parlano affatto».

E per protovangeli non si intendono ovviamente quelli canonici, bensì ad esempio la fonte Q che ha ispirato i sinottici, o la fonte SQ che ha ispirato Giovanni: in nessuno di questi si parla non solo della resurrezione, ma neppure della nascita verginale di Gesù, né egli vi viene mai chiamato il Cristo. Ma neppure in Marco, che è il vangelo più antico dei canonici, si parla di resurrezione: o meglio, se ne parla soltanto nei versetti finali, che come ammette però la stessa edizione Cei «sono un supplemento aggiunto in seguito». Le prime «testimonianze» sul lieto evento si trovano nelle Lettere di Paolo, che per sua ammissione non ha mai incontrato Gesù, e dunque non era un testimone oculare…….”

 

(17) in tutto il Nuovo Testamento i termini indicanti la risurrezione (eghiero e anastasis) ricorrono almeno 100 volte!

Infatti, ricorrono talmente tante volte che il teologo Von Campenhausen  ebbe a dire “Fra tutte le notizie a noi pervenute, non se ne trovano due che concordino tra loro”.

 

(18) la testimonianza storica della fede degli apostoli: possibile che costoro – che erano persone pragmatiche e refrattarie alle suggestioni come sono i pescatori – si siano dati alla predicazione, incuranti persino del martirio, per divulgare una menzogna che loro per primi sapevano tale?

Anche in questo caso, siamo in presenza d’una tesi curiosa e singolare sostenuta dall’autore. I pescatori, uomini duri ed avvezzi alla praticità, non sarebbero consueti a mentire. Probabilmente, il nostro non ha mai sentito parlare di racconti di pesca e di dimensioni del pescato, che, ad ogni successiva narrazione, cresce di almeno dieci centimetri. Adottando il medesimo criterio logico ed associando pescatore a marinaio, dovremmo presumere che le storie relative ai serpenti di mare o al Kraken siano del tutto plausibili. Bisogna anche considerare una certa predilezione per il bere da parte della gente di mare, alla quale i dodici apostoli potrebbero non essere stati immuni.

 

(19) Già Petronio, nel 64 d.C., nel suo Satyricon allude con toni ironici a dei creduloni che presero sul serio la resurrezione di un cadavere in realtà trafugato e sostituito, combinazione proprio il terzo giorno, con una persona viva.

Nel vangelo di Matteo, XXVIII, 13-15, le guardie del sepolcro di Gesù, istigate dai sacerdoti, devono dire che «i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo». […] «Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi». Naturalmente, “excusatio non petita, accusatio manifesta”; mica nell’antichità erano tutti fessi. Del resto, tra l’ipotesi del trafugamento del cadavere e quella dell’angelo che viene ad annunciare la risurrezione del crocifisso, quale ritenete sia la più plausibile?


(20)
In Matteo si narra inoltre di come, all’udire la notizia del sepolcro vuoto, i sommi sacerdoti si mobilitarono subito per diffamare i seguaci di Gesù quali ladri delle sue spoglie

Ci si chiede perché mai Gesù apparve solo ai suoi discepoli e non anche ai suoi accusatori e giudici, la cui testimonianza dell’evento miracoloso, sarebbe stata storicamente assai più efficace.

 

(21)La tesi del sepolcro trafugato, appare comunque persino più problematica di quella della risurrezione: chi avrebbe rubato il corpo di Gesù?

La problematicità sta tutta nella testa di Giuliano Guzzo, secondo il quale un semplice trafugamento di cadavere risulta più improbabile di una risurrezione stile dott. Frankenstein.

 

(22) Ci limitiamo qui a ricordare che nel 2002 anche il Cicap, infaticabile comitato di scettici e smascheratori di cerchi di grano e cartomanti, ebbe a riconoscere come sia tutt’ora sconosciuta la causa che ha prodotto l’immagine della Sindone

Quella del Cicap  è la semplice constatazione d’un fatto, così come può risultare tuttora sconosciuta la causa di una remissione spontanea di un tumore o del come si formino i buchi neri. Tra ammettere la propria ignoranza specifica riguardo un argomento e affermare che il fenomeno possa imputarsi a una trasfigurazione di luce da parte d’una non meglio identificata divinità ultraterrena, passa una certa differenza. Ho suggerito, in altra sede ma sempre su questo blog, che l’uso d’un unguento contenente elementi radioattivi, con cui potrebbe essere stato cosparso il cadavere impresso nella sindone,  sia esso realmente di Gesù ovvero predisposto ad arte secondo la descrizione dei sinottici, fornirebbe una spiegazione soddisfacente del fenomeno. In contrapposizione a quanto s’afferma nel testo, ribadisco che pure la perfetta coincidenza di tanti particolari tra il racconto della crocifissione e  l’immagine del lenzuolo custodito a Torino, risulta piuttosto sospetta.

 

(23) ”la Sindone è un documento sconvolgente: se è autentica, è frutto di un amore sovrumano; se non è autentica, è frutto di un genio sovrumano”

Mi risulta estremamente difficile comprendere il perché, per i cristiani, la crocifissione di Gesù sarebbe stata un atto d’amore sovrumano.  La natura del patimento a cui fu sottoposto il Cristo, era comunissima tra gli schiavi e le vittime del potere romano; si pensi ai cinquemila crocifissi da Crasso, tra Roma e Capua, dopo la repressione della rivolta di Spartaco.  Inoltre, il fatto che egli possa essersi prestato volontariamente e consapevolmente alla propria morte, non lo contraddistingue poi molto da altri precedenti e leggendari martiri, perfettamente consci del proprio destino e tali per cause altrettanto nobili (ad esempio, Attilio Regolo).

 

(24) Se il nazareno che quasi venti secoli dopo la propria scomparsa può contare due miliardi di fedeli, abbia effettivamente vinto la morte, non lo si può dire. Di fatto, non lo si può escludere.

Anche in questo caso, notiamo la simpatia provata da Giuliano Guzzo per i confronti di carattere quantitativo: due miliardi  di fedeli non sono mica uno scherzo, neh? Seguendo il medesimo principio, e constatando l’incremento differenziale della popolazione nei paesi arretrati rispetto all’Occidente cristiano, è probabile che i musulmani, oggi come oggi, risultino più numerosi dei cristiani, seguiti a stretto giro da indù e buddisti. Se ne deve concludere che, quando saremo certi che queste religioni conteranno ciascuna più adepti del cristianesimo, esse diverranno gioco forza più vere di quest’ultima.

L’ultima frase è indice d’un ragionamento talmente sgangherato, che avrebbe pudore di pronunciarla pure il celebre avvocato Messina, parodiato da Fiorello. E’ come dire che "ascoltare la musica di Mahler non fa diventare più alti". D’un fenomeno che si pretende essersi manifestato, il sostenere che può essere così come può non essere, cosa aggiunge in favore della ricerca della verità?

 

 


5 Risposte a “LA RESURREZIONE FA L'UOMO LADRO”

  1. @–>Orsopio

    Simpaticissimo ed azzeccatissimo da parte tua l’aver citato qui la celebre battuta di Marcello Marchesi. Per chi non la ricordasse, diceva pressapoco così: “Mangiate merda, che dev’essere proprio buona: miliardi di mosche non possono sbagliare!”

  2. va poi aggiunta una ulteriore considerazione:

    due miliardi di mosche amano il loro “cibo” per averlo effettivamente e ripetutamente utilizzato. E’ tuttavia vero che molti sedicenti credenti non sanno quasi nulla di cio’ in cui pretendono di credere, ne’ tantomeno (cosa assai piu’ grave) sono troppo interessati a saperne, a leggere, ad amare un Dio come Gesu’. Sono salvi e tanto basta.

    Le mosche non hanno solo fede nel gusto di cio’ che amano: lo conoscono.

    Mi vergogno un po di questo commento ma e’ troppo spontaneo.

  3. Red, la battuta di Marcello Marchesi, citata in modo assolutamente pertinente da Orsopio, è troppo bella.

    Và presa così com’è.

    Ricorda che un vero umorista si farebbe uccidere pur di pronunciare una bella battuta. :-))

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