LA FIERA DELLE STRONZATE

papa-Bento-XVI

Sempre dal sito della U.A.A.R. leggo:

Intervenendo oggi al sinodo speciale per l’Africa, Benedetto XVI ha affermato che “Dio si dona gratuitamente”, al contrario della scienza e della tecnica che “comportano grandi investimenti”. Il papa ha anche attaccato le analisi empiriche, perché “non indicano i veri problemi, perché non li collocano alla luce di Dio. Se non vediamo che alla radice vi è il Mistero di Dio, le cose del mondo vanno male perché la relazione con Dio non è ordinata. E se la prima relazione, quella fondante, non è corretta, tutte le altre relazioni con quanto vi può essere di bene, fondamentalmente non funzionano. Perciò tutte le nostre analisi del mondo sono insufficienti se non andiamo fino a questo punto, se non consideriamo il mondo nella luce di Dio, se non scopriamo che alla radice delle ingiustizie, della corruzione, sta un cuore non retto, sta una chiusura verso Dio e, pertanto, una falsificazione della relazione essenziale che è il fondamento di tutte e altre”.

Ma come si fa a dirne così tante in una volta sola?

7 Risposte a “LA FIERA DELLE STRONZATE”

  1. Ad avercela con l’empirismo analitico bisogna essere per forza benaltristi, è automatico. Mi vengono in mente Marcuse e Galimberti.

    Il primo scriveva su l’uomo a 1 dimensione che il capitalismo scompone analiticamente il Malessere dei lavoratori riducendolo in tanti piccoli problemi di orario, aumenti salariali, qualità della mensa, accesso ai servizi; le soluzioni proposte dal capitalismo sarebbero quindi riduttive e eviterebbero di risolvere il veroproblema del Malessere, che è altro e ben diverso da tutti i problemucci che risolve il capitalismo. Quale sarebbe il vero problema però non si capisce mai del tutto.

    E Galimberti non è da meno con quel suo essere che sfugge all’analisi, quel birichino. Ma che minchia sia quest’essere (il vero senso delle cose, del mondo? Boh…) non è dato sapere. Devo dire che come benaltristi i teisti sono più attrezzati, almeno hanno dato forma e carattere ai loro vaneggiamenti.

  2. Da Wikipedia:

    “In seguito a un’inchiesta del Giornale dell’ aprile 2008 è emerso che il professor Galimberti si sia appropriato di brani dell’autrice Giulia Sissa per il suo “L’ospite inquietante”. Galimberti ha ammesso di aver violato il copyright riservandosi di riparare al danno. Ciò non ha comunque soddisfatto la Sissa perché «quello di Galimberti non è stato un chiedere scusa, piuttosto un cercare delle scuse, un patetico arrampicarsi sugli specchi».

    In realtà, lui, lo sapeva fin troppo bene cosa fosse questo “essere”: “essere” capace di appropriarsi dell’opera intellettuale altrui; vizio del resto molto frequente in quel di Venezia, dove molti “luminari” hanno costruito la propria fortuna accademica attingendo a piene mani e senza remore dalla letteratura anglosassone, che nessuno in Italia ancora conosceva.

  3. Come diceva la mia insegnante (?) di Storia & Filosofia al Liceo:

    “la citazione è una cosa buona, la copiatura è una cosa cattiva!”

    Comunque: a me piacciono i commenti di Galimberti sul supplemento di Repubblica del sabato “D” (concisi e abbastanza chiari). I suoi libri sono più difficile da leggere e, perciò da digerire.

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